Completa autonomia produttiva di vaccini per l’Unione europea entro 12-18 mesi. Il commissario al Mercato interno Thierry Breton, dal 2 febbraio a capo della task force Ue per aumentare la capacità dell’attuale produzione di vaccini, in un colloquio con Avvenire descrive quale sarà la sua strategia.
«Agiremo molto in fretta», dice. «Vogliamo essere pronti anche per le varianti entro l’autunno, per questo abbiamo lanciato l’Hera Incubator». La prima tappa sarà «la stabilizzazione dei processi produttivi» con l’incremento dei bioreattori (dove vengono incubati i vaccini). Ci vorrà un po’ di tempo per andare a regime, «quattro-cinque mesi». E poi per arrivare alla piena autonomia produttiva «ci metteremo 12, massimo 18 mesi. Per la sola Europa penso che saremo a piena capacità già entro fine anno».
Ma Breton guarda anche ai Paesi vicini. «Quando diciamo che puntiamo ad avere un tasso di vaccinazione del 70% entro fine estate, non bisogna guardare solo all’Europa», spiega. «Io insisto molto sui nostri vicini, Africa e Balcani: dobbiamo arrivare a questi livelli di vaccinazioni sul piano planetario. Solo così batteremo davvero la pandemia».
Le case farmaceutiche «non avevano proprie capacità produttive», spiega: questo è stato il collo di bottiglia che ha rallentato le campagne di vaccinazione. «Non c’era neanche un solo Paese Ue che avrebbe avuto strutture sufficienti per l’intera produzione perché nessuno dispone dell’intera catena produttiva. Ecco perché bisogna farlo a livello europeo. Dobbiamo disporre dell’intera catena produttiva, dall’inizio alla fine, e ci riusciremo entro 12-18 mesi».
Il piano prevede il rafforzamento degli impianti già esistenti, da potenziare o riconvertire. Il commissario dispone già di un elenco di siti, dalla Germania all’Italia, sui quali intervenire: alcuni si occupano degli ingredienti attivi, altri dell’infialamento e del confezionamento.
«Da un lato vogliamo aiutare le fabbriche già esistenti a incrementare la produzione», dice Breton, «dall’altro fare arrivare nuovi attori, magari già autorizzati per la produzione di altri tipi di farmaci. Siti che dovranno però essere riconvertiti con la necessaria tecnologia. Potremo aiutarli a trasformarsi nel giro di pochi mesi, in modo da avere disponibili anche ampie capacità da attivare in caso di necessità in qualsiasi momento». Se poi non saranno più necessari vaccini anti Covid-19, potranno essere utilizzati per altri vaccini o altri farmaci.
L’Italia dispone già di due impianti, tra cui quello di Anagni per l’infialamento e la confezione di vaccini di AstraZeneca. «Ci sono poi altre numerose società», assicura Breton, «che potrebbero esser coinvolte. Ogni nuovo candidato è indubbiamente benvenuto».