Esperimento SardegnaPensieri e voci dalla zona bianca

Una bandiera candida sventola vicino ai Quattro Mori, vessillo della prima (semi) vittoria dell’isola nella battaglia contro il Covid-19. E ora alla carica, verso una nuova quotidianità, diversa da quella vecchia e da quella appena lasciata

Lunedì primo Marzo 2021: nonostante la costante avanzata dell’inaspettata e, purtroppo, indomabile variante inglese, dopo tre settimane con meno di cinquanta contagi ogni centomila abitanti e un Rt inferiore all’1, la Sardegna è la prima regione a guadagnarsi il pieno diritto di entrare nell’idilliaca e, fino a poco tempo fa, utopica, “Zona Bianca”. Una conquista ottenuta non senza sacrifici: ripetuti e partecipati screening di massa nel territorio nuorese e ora anche nel cagliaritano, controlli persistenti e mirati nelle realtà più movimentate, ma soprattutto il “buon senso” dei cittadini, il loro impegno nel rispettare le regole, la loro volontà di riappropriarsi di un proprio ritmo, una quotidianità non più scontata, ma ancora lontana. Si tratta di una riapertura graduale, nella quale norme come l’obbligo di mascherina e il distanziamento sociale sono ancora obbligatorie, ma intanto i bar sono di nuovo aperti fino alle 21:00, i ristoranti fino alle 23:00 e il coprifuoco slitta alle 23:30.

Ore perse e ora recuperate, ore d’aria e finalmente l’ora dell’aperitivo: tra risa, brindisi e tanta incredulità le persone tornano infatti a sorseggiare il dissetante spritz rosso, accompagnato da invitanti stuzzichini e l’immancabile gossip giornaliero con gli amici più cari, seduti non dentro il locale, ma nei tavolini fuori, per evitare possibili contagi e godersi i primi raggi primaverili della città del sole. E quando questo cala, è giunto il momento di abbandonare il solito pigiama, scegliere un bel vestito, truccarsi e dirigersi al ristorante, per rivivere, come la prima volta, la desiderata e meritata “cena fuori”. Quel momento magico, tanto invidiato dal resto d’Italia, da trascorrere con il partner, gli amici, intorno a una tavola imbandita, gustando il proprio piatto preferito, con in mano un bicchiere di vino, sorseggiato senza fretta, consapevoli di non dover tornare davanti al computer per lo smart working, ma liberi di provare quel sentimento di convivialità, spensieratezza, relegato da metà Ottobre nei sogni più profondi e ora nuovamente realtà.

Insieme alla felicità, alla gioia, alla speranza di un nuovo inizio non manca però anche l’ansia, la paura che la zona bianca possa essere ben presto solo un ricordo, intenso quanto breve. Il virus non ancora scomparso, l’entusiasmo delle persone, le maggiori occasioni di incontro, potrebbero infatti determinare un importante aumento dei contagi e quindi il ritorno addirittura alla temuta zona arancione, rimpiangendo così la fidata zona gialla, considerata, a detta di molti, il perfetto equilibrio tra sicurezza e libertà.

D’altro avviso sono invece i ristoratori, una delle categorie più aiutate, ma sofferenti per il continuo apri-chiudi, che dopo i tanti sacrifici di questi ultimi mesi, sono pronti ad accogliere nuovamente i clienti anche nelle ore serali e notturne. Una novità questa per loro così inaspettata e così troppo spesso promessa tanto che anche questa volta stentavano a crederci, come racconta Gianmaria, proprietario dell’inimitabile pizzeria cagliaritana Gallo d’oro, che tra una domanda e l’altra, riceve soddisfatto le numerose prenotazioni al telefono, che torna insistentemente a squillare dopo molto tempo. L’imprenditore si dice stupito, seppur contento, di questa apertura, che definisce tuttavia un po’ “forzata”. Sebbene infatti sia alta la paura di organizzarsi per il nuovo turno per poi disfare tutto, riconosce che non vi è altra soluzione «Tutti riaprono e chi prende la pizza a domicilio, se si può mangiarla nuovamente seduti in pizzeria?» Nonostante queste incertezze, Gianmaria è comunque ottimista, «la voglia di mangiare fuori c’è» e lui e il suo team sono pronti a trasmettere ai loro clienti in sala un senso di ritorno alla normalità, sempre ovviamente controllando l’ossequioso rispetto delle regole basilari, ancora vincolanti e necessarie per preservare l’appena ritrovata pizza del Sabato sera.

Lo stesso cauto ottimismo è condiviso anche da Luigi Pomata, imprenditore e ristoratore carlofortino e, durante la pandemia, rappresentante dei bisogni dei suoi colleghi sardi. Anche lui non nasconde la propria felicità e soddisfazione per la rivincita della Sardegna, da untrice a Settembre, a prima zona bianca in Italia. «Un bel regalo», come lo definisce lui, bello quanto però fragile, da saper sfruttare, accogliere con gratitudine, ma non troppa euforia. Lo chef amante del tonno è infatti allarmato per la troppa libertà, le “sbicchierate” e feste, nonché il possibile esodo delle persone verso una città turistica come Cagliari, ora in zona bianca, più attrattiva che mai. Consapevole di questa instabilità, Pomata ha attuato una strategia difensiva, “meno coperti, meno contagi”, scegliendo infatti di aprire solo uno dei suoi tre locali, in modo da osservare saggiamente l’evoluzione della situazione, prima di mettere in moto un indotto che potrebbe poi dover presto nuovamente interrompere. Nel frattempo il ristorante ha ricominciato a pieno ritmo, con a capo il famoso chef e la sua squadra, entusiasti di tornare a servire la cena agli attuali cinquanta coperti. «È un piacere tornare a cena – racconta Pomata – la gente si siede, rispetta le regole, si rilassa, assaporando un buon bicchiere di vino, ma il dono più grande è che l’intero comparto di dipendenti e fornitori può tornare a lavorare in piena continuità e non più al 50% come fino a una settimana fa». Il messaggio è quindi uno solo «Tenere duro, usare il cervello, quello che perso è perso, rimboccarsi le maniche e andare avanti», contribuendo tutti a mantenere questa condizione privilegiata, comportandosi con “buon senso”, specialmente nei luoghi protagonisti della movida cagliaritana: Corso Vittorio Emmanuele, il Bastione, la centrale Piazza Yenne. Su quest’ultima si affacciano infatti con i loro tavolini, tanti piccoli locali, ristoranti e cocktail bar come il noto Incognito, locale sempre frequentato anche durante la zona gialla, ma a orari diversi come racconta il gestore Federico: «Le abitudini sono cambiate: la gente non arriva più alle 15:00 per l’aperitivo, ma più tardi. Mentre prima l’ora di punta era tra le 17:00-18:00, ora si è spostata all’ultimo turno serale, dalle 22:00 alle 23:00». Nonostante l’alta concentrazione di persone attratte dal fascino mondano della piazza, sembra tuttavia che queste prestino particolare attenzione alle regole, comportamento che è stato confermato anche durante il primo weekend, per il quale Federico prevede il travolgente pienone, potenzialmente pericoloso per la regione, che lotta contro l’incremento dei contagi e che mira al mantenimento del suo attuale e basso Rt.

Questa è quindi la Sardegna dopo la prima settimana in zona bianca, sotto la lente di ingrandimento, un po’ preoccupata, ma soprattutto impaziente, desiderosa di diventare un modello per le altre regioni, dimostrando come il rigoroso rispetto delle norme di sicurezza possa consentire di vivere una quotidianità ancora limitata, ma di cui accettare gli spazi e gli orari concessi come dono e adeguare a questi la nostra routine e vita, non scomparsa, ma semplicemente da ricostruire, non con rassegnazione, ma con viva speranza.

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