Recovery MezzogiornoMara Carfagna dice che per il Sud ci sono già 150 miliardi, ma servono i progetti giusti

La ministra spiega al Corriere che bisogna superare il principio di spesa storica, garantendo il diritto a ricevere la stessa qualità di servizi indipendentemente dal comune di residenza. E servirà, aggiunge, anche la fiscalità di vantaggio

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

«Dei 209 miliardi destinati all’Italia, una parte considerevole andrà al Mezzogiorno per infrastrutture, digitalizzazione, sanità, transizione ecologica. In più avremo i fondi europei per il settennato che va dal 2021 al 2027 e il fondo nazionale di sviluppo e coesione. Saranno circa 150 miliardi, oltre a quelli del Piano di ripresa e resilienza, il lavoro da fare è individuare i giusti progetti su cui investire». Mara Carfagna, ministra per il Sud e la coesione territoriale del governo Draghi, lo spiega in un’intervista al Corriere.

Il suo è un ministero che ha tante aspettative da soddisfare. Ma anche tanto da fare. «Da almeno 20 anni la mancata individuazione dei livelli essenziali di prestazione – sanitaria, scolastica, assistenziale, di trasporto – ha creato una discriminazione di residenza nel nostro Paese», spiega Carfagna. «È il momento di superare davvero il principio di spesa storica, quello per cui – ad esempio – se hai tre asili nido ti finanzio solo quei tre, se ne hai 100 ne finanzio 100. Così non si avanza mai. Per non parlare del Fondo sanitario nazionale, che premia chi ha un numero maggiore di anziani: al Sud spesso si ha un’aspettativa di vita minore proprio perché i livelli di assistenza sono più bassi. È un circolo vizioso che va spezzato. Mi rendo conto che abbiamo poco tempo a disposizione, ma abbiamo il dovere di impostare il lavoro».

Il principio che seguirà la ministra sarà questo: «I cittadini hanno il diritto a ricevere la stessa qualità di servizi indipendentemente dal comune di residenza. Ho chiesto che il ministero per il Sud partecipi alla commissione tecnica istituita presso il Mef che periodicamente aggiorna i criteri per l’assegnazione dei fondi, per garantire che il calcolo del fabbisogno e delle risorse sia equo per tutti».

Servirà poi usare la leva fiscale. «Il dossier non è ancora aperto, ma va attivata e potenziata per il Sud la leva della fiscalità di vantaggio», dice Carfagna. «La prima cosa da fare è negoziare con l’Europa la misura che è stata introdotta per gli sgravi fiscali del 30% alle aziende che operano al Sud: oggi è ammessa fino al 2022, ma l’obiettivo è portarla al 2029. E vanno potenziate le Zone economiche speciali, rivedendo il complesso sistema autorizzativo».

Del reddito di cittadinanza grillino invece hanno usufruito soprattutto al Mezzogiorno. «Passare da un Sud assistito ad uno dove ci sono le condizioni per liberare e valorizzare le migliori energie, per produrre, assumere, creare lavoro è un dovere», spiega la ministra. Ma il sussidio non va abolito. «Oggi uno strumento di sostegno universale al reddito va mantenuto, è previsto in tutti i Paesi, tanto più in tempi di crisi pandemica. Ma il reddito di cittadinanza ha limiti enormi perché, come ha ammesso anche Di Maio, mette assieme sostegno alla povertà e sostegno a politiche del lavoro, che sono cose diverse. Una correzione sarà obbligata».

Quanto alla famiglia del centrodestra, mezza al governo e mezza all’opposizione, Mara Carfagna rivendica di aver sempre detto «che il mio partito doveva rivendicare la propria tradizione liberale, difenderla, rilanciarla, non subire le spinte sovraniste altrui. Ma oggi non credo che la creazione di un polo moderato sia all’ordine del giorno». Superata la «prova di maturità» del governo Draghi, «ci presenteremo come una forza di governo credibile per il futuro».

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