I verbali con le rivelazioni dell’avvocato Piero Amara sulla loggia massonica Ungheria erano stati esplicitamente secretati, e dunque non potevano uscire dalla Procura di Milano. Per questo motivo, il pubblico ministero Paolo Storari, uno dei titolari dell’inchiesta, che invece li consegnò nell’aprile 2020 al consigliere del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo, è adesso indagato per rivelazione di segreto d’ufficio – come raccontano Corriere e Repubblica.
Storari è indagato a Roma in relazione all’indagine che vede già sotto accusa Marcella Contrafatto, la funzionaria (ormai sospesa) del Csm e assistente dell’allora consigliere superiore Davigo, ritenuta colei che avrebbe diffuso quel materiale scottante, tutto da verificare, ai giornalisti di Repubblica e del Fatto.
A Storari è stato notificato l’invito a comparire per sabato. Ma prima di lui, oggi, il procuratore di Roma Michele Prestipino ascolterà come testimone lo stesso Davigo. Che dovrà chiarire perché decise di prendere quei verbali e perché decise di trattare la vicenda solo informalmente all’interno del Csm, parlandone con il vicepresidente David Ermini, con il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi e poi con altri consiglieri del Consiglio. Soprattutto dovrà spiegare in che modo decise di custodirli, visto che dopo che Davigo aveva lasciato il Csm per via del pensionamento, copie di quegli atti furono spediti a due quotidiani e al consigliere Nino Di Matteo, accompagnate da lettere che accusavano gli inquirenti milanesi di non voler svolgere indagini. Anche perché il sospetto è che a veicolarli sia stata la sua segretaria Marcella Contrafatto, indagata dai pm di Roma per calunnia.
Sono tre le inchieste avviate su una vicenda che sta avvelenando il clima all’interno delle Procure e alimentando scontri tra magistrati. Anche Brescia ha deciso di avviare accertamenti su ciò che è accaduto tra Storari e il suo capo, il procuratore di Milano Francesco Greco, mentre a Perugia si indaga su quanto raccontato dall’avvocato Piero Amara e sui componenti di questa fantomatica loggia.
Proprio ieri si è saputo che gli stessi pm di Perugia accusano Amara e il suo socio Giuseppe Calafiore di millantato credito e traffico di influenze illecite per un versamento da 30 mila euro a un funzionario dei servizi segreti. Un episodio che nulla ha a che fare con la loggia Ungheria, ma dimostra come le sue rivelazioni vengano prese con estrema cautela, e che la sua attendibilità non risulti affatto scontata. Anche perché Amara ha raccontato di avere una lista di 40 nomi di appartenenti alla congregazione massonica, ma pur essendo stato interrogato oltre dieci volte, non l’ha mai consegnata agli inquirenti, né ha fornito riscontri su luoghi e date riguardanti gli appartenenti alla loggia.
Una delle circostanze da accertare è il luogo dove è avvenuta la consegna dei documenti. Potrebbe apparire un dettaglio, invece è un elemento fondamentale per stabilire chi debba indagare. Se Storari li diede a Davigo a Roma la competenza è infatti dei pm della capitale; se invece tutto avvenne a Milano il fascicolo dovrà essere trasmesso a Brescia, che già ha avviato verifiche proprio sui rapporti interni al palazzo di giustizia del capoluogo lombardo. In questo caso a Roma rimarrebbe soltanto l’indagine sulla fuga di notizie e sull’operato di Contrafatto.
Gli interrogativi sul suo ruolo sono ancora numerosi. Davigo le parlò dell’esistenza di quei verbali? Oppure fu lei a trovarli nell’ufficio? E soprattutto, perché pochi giorni dopo il pensionamento di Davigo decise di mandarle ai giornali? Qualcuno la spinse a farlo? Anche sulle modalità di spedizioni ci sono ancora numerosi dubbi da chiarire. Oltre ai giornalisti, che decisero di non pubblicare e anzi denunciarono di aver ricevuto il plico, una busta uguale fu recapitata a Di Matteo. Qual era lo scopo? È vero, come sostiene proprio di Matteo, che l’obiettivo era rendere pubblico il fatto che nell’elenco dei presunti affiliati alla loggia ci fosse, secondo Amara, il consigliere del Csm Sebastiano Ardita, con cui Davigo aveva interrotto i rapporti?
Anche il procuratore generale Giovanni Salvi, che sta valutando l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti di Storari, sta cercando risposte a questi interrogativi. Se il pm milanese riteneva di non essere stato ascoltato dai suoi capi, o comunque che ci fossero irregolarità nella gestione del «collaboratore Amara», perché non presentò un esposto formale al Csm?
Salvi ne ha parlato ieri con la ministra della Giustizia Marta Cartabia e non è escluso che anche il Csm decida di valutare eventuali incompatibilità tra Storari e i colleghi della procura di Milano. Storari rischia anche un trasferimento d’ufficio.
Alla base della decisione di Storari ci sarebbe il conflitto con il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, a cui scrisse diverse mail. Un conflitto di cui Davigo, una volta ricevute carte e sfoghi da Storari, parlò prima con i vertici del Csm (il vicepresidente Ermini, poi il Pg Salvi), poi con alcuni colleghi consiglieri, senza tuttavia sentire l’esigenza di segnalare il deposito di quelle carte segrete.
Con il plenum del Csm che si apre oggi, il primo dopo l’esplosione della stagione dei “corvi”, l’obiettivo è quello tutelare le istituzioni, arginare quest’onda di discredito che rischia di abbattersi sul Palazzo e sulla giustizia con maggiori lesioni di quante non ne abbia già inferte lo scandalo Palamara.
La vicenda viene seguita con la massima attenzione anche dal Quirinale. Il capo dello Stato è anche presidente del Csm, ma proprio al Colle viene ricordato che qualsiasi intervento potrebbe apparire come un’interferenza sulle indagini in corso, visto che sono già tre le Procure che si stanno occupando della vicenda.