La lite sul fiscoIrene Tinagli spiega che è giusto tassare le eredità, ma escludendo i rami d’azienda

La vice di Letta nel Pd e presidente della Commissione economia del Parlamento Ue ricorda che «di equità distributiva in uscita dalla pandemia stanno discutendo tutti i governi del mondo, a partire da quello americano». Intanto in Europa si è iniziato a discutere del ritorno al Patto di stabilità e anche di un superamento del piano pandemico della Bce: «Per noi italiani sarebbe una congiuntura micidiale»

LaPresse

Mentre in Italia la proposta di Enrico Letta per il ripristino della tassa di successione ha scatenato lo scontro politico – e il no di Draghi – Irene Tinagli, vice di Letta nel Pd e presidente della Commissione economia del Parlamento Ue, questo fine settimana ha partecipato al vertice dei ministri finanziari in Portogallo, dove si è discusso del ritorno al patto di Stabilità, invocato soprattutto dal blocco dei Paesi nordici.

«Sono piuttosto sorpresa dalla polemica», dice Tinagli Stampa. «In Italia abbiamo notoriamente un fisco sbilanciato che tassa troppo il lavoro e troppo poco le eredità. Abbiamo un welfare sbilanciato sugli anziani e una mobilità sociale bassissima: i figli dei poveri restano poveri, i figli dei ricchi sono sempre più ricchi. Di equità distributiva in uscita dalla pandemia stanno discutendo tutti i governi del mondo, a partire da quello americano. Letta ha fatto una proposta che val la pena di essere discussa, non ha emanato un decreto».

Irene Tinagli spiega: «Spiace solo che la polemica si sia innescata nelle ore in cui abbiamo contribuito ad approvare il decreto Sostegni-bis, dove ci sono molte misure a favore di lavoratori e imprese volute anzitutto dal Pd. Il discorso andrà approfondito dentro la riforma fiscale. Io ad esempio penso che una tassa di successione di quel tipo debba escludere i rami di azienda».

Sul no di Draghi, dice: «In questo momento il premier ha la preoccupazione di tenere insieme una maggioranza politica piuttosto larga. Ai partiti spettano le proposte, a lui la sintesi».

La proposta del segretario Pd ci ha fatto ricordare però che non possiamo accumulare debito all’infinito. Tinagli, dopo l’incontro in Portogallo, lo conferma: «Vengo dalla riunione dell’Eurogruppo, dove si è appunto iniziato a discutere del ritorno al Patto di Stabilità. Al momento la sua sospensione è prevista fino alla fine del 2022, una scadenza che ad alcuni potrà sembrare lontana ed invece è vicinissima. Al vertice ho detto che non è possibile tornare alle vecchie regole pre-pandemia, ma occorre discutere sin da adesso di una sua riforma. Capisco le cautele del vicepresidente Dombrovskis (responsabile del dossier, ndr) e le difficoltà legate all’approvazione del Recovery Plan, ma non possiamo tenere la testa sotto la sabbia». Secondo Tinagli, «occorre introdurre qualcosa che assomigli a una regola aurea per lo scorporo di alcune tipologie di investimenti dal deficit».

Nel frattempo, anche la Banca centrale europea inizierà a discutere il superamento del piano antipandemico, che oggi permette a Francoforte di acquistare tutto il debito di cui l’Italia ha bisogno. La scadenza è fra meno di un anno, a marzo del 2022. La presidente Christine Lagarde continua a dire che il piano verrà prolungato, ma dai Paesi nordici cominciano ad arrivare anche proposte per un’uscita ordinata. «Lo dico chiaramente: ho il timore che l’Europa e l’Italia si possano trovare di fronte contemporaneamente a politiche fiscali e monetarie restrittive», spiega Tinagli. «Per noi italiani sarebbe una congiuntura micidiale, esattamente ciò che provocò la doppia recessione, prima nel 2008, poi nel 2011-2012. Fra gli economisti il tema è ampiamente dibattuto, fra i politici meno».

Intanto, va considerato pure il rischio che l’avvio del Recovery Plan possa slittare a settembre. Ci sono nove Paesi che non hanno ancora presentato il piano e cinque che non hanno ratificato l’accordo sulle risorse proprie. Per l’Italia significherebbe attendere altri mesi per ottenere la prima tranche di aiuti a fondo perduto, circa 25 miliardi.
«Il rischio potrebbe esserci», conferma la presidente della Commissione economia dell’Europarlamento. «Ciascuno è vittima delle polemiche nei rispettivi Paesi, e questo non aiuta. Ma voglio essere ottimista: sembrava che il grande punto interrogativo fosse la ratifica della Finlandia, ora quella ratifica c’è».

Ma, ammette, «ciò che mi impressiona quando rientro in Italia è la superficialità con la quale viene raccontato il Recovery Plan. Molti pensano che sia tutto finito, e invece il difficile inizia ora. Abbiamo tempo fino al 2023 per impegnare le risorse e far partire i progetti. È domani».