Concorsi Perché dobbiamo tifare Italia, non solo nel calcio

Il Bocuse d’or è il più importante concorso mondiale di cucina e la finale si svolgerà a Lione a fine settembre. Tra le squadre che combattono per la vittoria c’è anche l’Italia, qualificata a Tallin. Sostenere il nostro team significa condividere le sorti di un intero settore

A 90 giorni dalla finale di Lione, la squadra italiana che parteciperà ai mondiali di cucina Bocuse d’or si presenta ufficialmente e chiede a gran voce sostegno da parte di tutti per una manifestazione che nel tempo ha regalato a nazioni che ci hanno investito e creduto grande visibilità internazionale e una concreta spinta alla ristorazione.

Un buon piazzamento è un viatico per tutta la cucina italiana, per promuovere il turismo enogastronomico nel mondo, e per rendere la nostra gastronomia ancora più apprezzata e desiderata, permettendo il rilancio di tutta la categoria, così provata dai mesi appena trascorsi.

Perché se è vero che finora hanno vinto nazioni con scarsa tradizione ma con grande sostegno pubblico e privato in patria (nel 2019 ha vinto la Danimarca, seguita da Norvegia e Svezia), qui da noi questo concorso non è ancora stato introiettato come effettivo mezzo di promozione internazionale di prodotti, tecniche, sapori e ospitalità.

Concentrato, motivato, allenato il team è sostenuto dal tristellato Enrico Crippa, Presidente dell’Accademia Bocuse D’or Italia: per la prima volta la squadra italiana arriva a Lione non per ripescaggio o per aiuti dell’organizzazione ma grazie alla qualificazione ottenuta alla finale europea di Tallin. Il candidato attuale, Alessandro Bergamo, faceva parte dell’ultima selezione, quella che due anni fa ha portato in finale Martino Ruggieri, che ha concluso al quindicesimo posto la sua performance. Alessandro ha quindi già vissuto la tensione del momento, lo sforzo della competizione e la grande vitalità che si respira nell’arena che ospita il concorso. Ma la sua abilità, la sua concentrazione e gli allenamenti che sta portando avanti non bastano, come sottolinea Crippa: «Per riuscire ad arrivare a una finale europea e a quella mondiale, oltre allo sforzo fisico e mentale dei candidati, abbiamo bisogno di un aiuto che ci permetta di allenarci, di lasciare il candidato focalizzato su questo obiettivo, ma anche di materiali per provare e attrezzature per realizzare il massimo risultato possibile. Sembra una cosa scontata, ma come mai vincono i Paesi senza storia e tradizione? Il concorso non ha niente a che vedere con la cucina che si fa tutti i giorni. E se gusto, consistenze e bontà devono esserci, il concorso è in risultato di 5 ore e mezza di lavoro duro, impegnativo, con uno sforzo emotivo e molto stress da gestire».

E di grandi risorse economiche e sinergie tra colleghi. Prosegue Crippa: «Ci si può solo allenare confrontandosi tutti i giorni e ripetendo ossessivamente i gesti, finché tutti diventino un lavoro robotico, ma senza mai dimenticare la ricerca del cuore e del gusto. Per questo l’accademia si è presa un grande amico vicino, e lavora con la federazione italiana cuochi: professionisti bravi e competitivi, ci aiutano tantissimo negli allenamenti e nei ragionamenti. Ma nella realtà abbiamo bisogno che tutta l’Italia conosca un po’ di più questo concorso. Noi ci stiamo impegnando molto per portare a casa qualcosa di buono e positivo anche se è molto difficile perché siamo nuovi in questo ambito e abbiamo molto da imparare. Ma questo concorso deve diventare un progetto italiano in cui crediamo tutti insieme. Non dobbiamo per forza raggiungere il podio, anche se auspico un buon risultato, ma vorrei che questa finale fosse un pezzo di un cammino nuovo e condiviso».

Perché il sostegno al candidato italiano sia totale e condiviso tanti i mentori che sono stati invitati e che alla presentazione della squadra non sono mancati: da Carlo Cracco a Davide Oldani, da Viviana Varese a Andrea Berton, sono numerosi gli chef che sostengono Bergamo nel percorso verso Lione e si uniscono alla richiesta di condivisione dell’obiettivo comune.

Carlo Cracco, vicepresidente dell’Accademia Bocuse d’or Italia è anche membro della giuria internazionale che a Lione darà i voti insieme ai 24 giudici internazionali, sottolinea l’importanza di questo concorso per tutto il comparto: «La più grande difficoltà l’abbiamo superata, ed è stata la pandemia. Siamo stati in bilico e fino all’ultimo la selezione europea è stata in forse. È stata una partenza molto faticosa e molto lenta, ma tutta la squadra era già carica e pronta e siamo arrivati a Tallin in maniera ottimale. Certo, mancava un po’ il pubblico ma la tensione lo stress e quelle componenti che fanno di questa competizione la più importante al mondo l’abbiamo sentita un po’ di più, forse proprio perché c’erano meno persone a tifare. Tutti i candidati sono bravissimi, su questo non si discute: chi arriva a Lione ha tutti i numeri per farcela. Il problema è farli capire ai giurati per portare a casa il risultato. Abbiamo bisogno di creare un consenso e di avere un approccio diverso e nazionale a questo concorso: noi ci crediamo, e apprezziamo i tanti sforzi fatti per supportarci da parte di sponsor e istituzioni. C’è bisogno di forza ed energia perché questa manifestazione non è legata solamente alla figura del concorrente, ma è legata al mondo della gastronomia in toto. E si migliora anche avendo le risorse per farlo: bisogna creare nel tempo una struttura adeguata per far diventare forte il team Italia nel suo complesso e sul lungo periodo creare un gruppo di ragazzi che si appassionino e che portino avanti il sacro fuoco della cucina».

Piazzarsi tra le prime squadre al mondo vuol dire portare il turismo enogastronomico di alto livello a ritornare nel nostro Paese, mostrarsi al mondo non solo per la nostra cucina di tradizione ma anche come punto di riferimento per la cucina creativa, in grado di muovere interessi e opinioni, e di fare da volano al turismo.

Il lavoro complicato, quello fatto di gestiti ripetuti all’ossessione e di ricerca della perfezione e del rispetto dei tempi è tutto sulle spalle di Bergamo e del suo team, fatto di giovani e determinati ragazzi alla ricerca della realizzazione di un sogno a forma di statuetta d’oro.

«Sono delle giornate intense e dure, bisogna combattere l’incertezza: è un lavoro complicato, sia mentale che fisico e le giornate sono lunghe» ci ricorda il candidato. Ma il sogno comune di rappresentare la nazione al concorso più importante del mondo, che fino a un anno e mezzo fa per loro sembrava un’utopia, oggi è lì da afferrare, come ricorda il coach del team, Lorenzo Alessio: «Il 26 e 27 settembre a Lione scarteremo il nostro regalo: realizzeremo il sogno di una vita, ci confronteremo con i cuochi più forti al mondo nel campo delle competizioni e sarà un onore poter gareggiare con loro. Ci stiamo preparando e abbiamo bisogno del vostro sostegno e del tifo per l’Italia».

Ma è anche nel comparto dell’arte pasticcera che l’Italia ha la possibilità di mettersi in mostra e portare a casa un premio ambito e difficile da conquistare. Stiamo parlando della Coupe du Monde de la Patisserie, gara che si tiene ogni due anni e che nel 2021 vedrà la partecipazione di 14 Paesi, tra cui anche l’Italia, qualificatasi tra i finalisti. La nostra nazionale di pasticceria è composta da tre giovani Maestri Pasticceri: Andrea Restuccia, Massimo Pica e Lorenzo Puca, che si stanno allenando da oltre un anno e mezzo per portare in alto il nome di un comparto punta di diamante del nostro Paese. La competizione, che si terrà il 25 settembre prossimo, anch’essa a Lione, sarà quindi un altro palco internazionale e importante per l’Italia, relativo a un settore che riguarda tutti noi.

Perché come ricordava sempre l’ideatore del concorso, Monsieur Paul Bocuse, esiste una sola cucina: quella buona. E speriamo sia italiana.

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