Beppe Grillo rimarrà «garante e custode dei principi e dei valori dell’azione politica» del Movimento Cinque Stelle. Giuseppe Conte invece sarà presidente, legale rappresentante e «unico titolare responsabile dell’azione politica». Dopo nove giorni di scontri e tentativi di mediazione, i Cinque Stelle siglano a sorpresa una tregua, annunciata da Vito Crimi davanti all’assemblea straordinaria dei parlamentari riunita in via straordinaria su Zoom.
Il «garante e custode» nominerà da solo il Consiglio di garanzia e il Collegio dei probiviri. Mentre a Conte spetterà la nomina della segreteria politica, che poi sarà votata dall’assemblea. Insieme, poi, nomineranno il tesoriere del Movimento.
Accordo fatto, quindi, dopo le trattative gestite dai sette «saggi» del Movimento. Resta una diarchia alla guida del partito. E cominceranno così a breve le procedure per la votazione del nuovo Statuto, Carta dei valori e poi degli organi che accompagneranno l’ex presidente del Consiglio alla guida dei Cinque Stelle. Entro fine mese, Conte e Grillo inaugureranno la nuova stagione pentastellata.
C’è «piena soddisfazione» per l’intesa raggiunta. «È il momento di lasciarci alle spalle le ombre di questi giorni difficili», scrive sui social Conte. «Ci sono tutte le condizioni per partire e rilanciare il M5S: piena agibilità politica del Presidente, netta distinzione tra ruoli di garanzia e ruoli di azione politica, grande entusiasmo e sostegno al progetto politico».
Secondo quanto scrive La Stampa, il nuovo Statuto prevederà che il Presidente dei Cinque stelle sia «l’unico titolare e responsabile della determinazione e dell’attuazione dell’indirizzo politico del Movimento». Una distinzione netta con il ruolo del Garante, che resterà il custode dei valori M5S e che avrà il potere di «interpretazione autentica dello Statuto», mentre il Presidente deciderà la linea politica e sarà responsabile della comunicazione.
La buona notizia ha sicuramente fatto scendere la tensione tra i grillini dopo i venti di scissione, ma la pace al vertice non ha di certo eliminato malumori e divisioni. Perché all’ordine del giorno dell’assemblea c’era anche la discussione sulla giustizia. Gli animi si sono scaldati, infatti, quando si è discusso del perché i quattro ministri grillini hanno dato l’ok alla riforma Cartabia, contravvenendo all’indicazione di astenersi data dai gruppi di Camera e Senato.
«Abbiamo provato a tutelare il percorso parlamentare, altrimenti non avremmo ottenuto nulla», ha spiegato Stefano Patuanelli, trovando la sponda degli altri ministri. Ma l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede ha ribadito che per lui la riforma Cartabia «è sbagliata e pericolosa». Quella sulla giustizia, ha detto, «è una battaglia che dobbiamo portare avanti con determinazione».
Durissima Giulia Sarti: «Avete disatteso le indicazioni dei gruppi, a questo punto però in aula mani libere». Per Antonella Papiro c’è stata una «lesione della dignità del gruppo parlamentare». C’è rabbia e frustrazione, per l’ennesimo cavallo di battaglia messo a sopire. «Vogliono demolire le nostre battaglie con i nostri stessi voti», le parole del senatore Marco Pellegrini, «ma non ve l’ha prescritto il dottore di fare i ministri».
Il problema di come affrontare in Parlamento la riforma Cartabia resta sul tavolo. «Non abbiamo potuto ottenere tutto, ma abbiamo fatto del nostro meglio, in un momento in cui il M5S è senza guida», ha detto Luigi Di Maio in assemblea. «Adesso lavoreremo in Parlamento. Senza l’accordo si rischiava di cancellare definitivamente e mandare in frantumi la nostra, di riforma». E così Conte, ancor prima di essere incoronato, ha già di fronte a sé la prima sfida della sua stagione da guida politica del nuovo corso dei pentastellati.