L’affaire PegasusL’Ungheria orbaniana è una falla per la sicurezza dell’Unione europea

Secondo una inchiesta internazionale di Forbidden stories, il software di spionaggio israeliano viene impiegato anche da Budapest per colpire obiettivi come giornalisti investigativi e facoltosi editori. «Nella maggior parte dei paesi esistono regole severe che normano chi e quando può essere spiato dallo Stato, o un forte controllo giuridico sulle attività delle varie agenzie governative. In Ungheria non esistono né une né l’altro», ha sintetizzato Máté Dániel Szabó, della Hungarian Civil Liberties Union

LaPresse

The Pegasus project, un’inchiesta internazionale condotta dal consorzio di giornali investigativi europei Forbidden stories, ha scoperto che il potentissimo software di spionaggio Pegasus, prodotto dall’israeliana NSO, è stato usato anche per finalità illecitiein vari paesi in tutto il mondo. 

Gli autori dell’indagine hanno ottenuto gli elenchi di circa 50 mila numeri di telefono di persone che sarebbero state spiate tramite il software israeliano. 

Il semplice fatto che un numero compaia in questo elenco non significa che lo smartphone di riferimento sia stato effettivamente attaccato con Pegasus, né tanto meno che l’attacco sia risultato efficace. E non è stato ancora possibile ricostruire con certezza chi effettivamente abbia spiato queste persone. 

Tuttavia, un’analisi attenta dei loro profili – giornalisti, attivisti per i diritti umani, politici dell’opposizione e imprenditori – suggerisce che nella maggior parte dei casi i responsabili siano stati i governi dei paesi dove sono state commesse queste violazioni. 

Inoltre, NSO dichiara di fornire i propri servizi solo ad agenzie governative e statali. E Pegasus è considerato così potente che prima di esportarlo all’estero NSO deve ottenere il nulla osta da parte del ministero della Difesa israeliano. Ufficialmente può essere utilizzato solo per spiare soggetti sospettati di terrorismo o che appartengono alle reti del crimine organizzato. 

Tra quelli dell’Unione europea, l’unico paese dove Pegasus sembra essere utilizzato è l’Ungheria. Secondo l’inchiesta, da anni Pegasus viene impiegato in Ungheria per colpire obiettivi come giornalisti investigativi e facoltosi editori, così come persone vicine a questi individui. 

E il portale Direkt36, il referente ungherese del progetto di inchiesta, sostiene di aver  raccolto un alto numero di indizi che proverebbero come ci sia proprio la mano del governo di Viktor Orbán dietro queste attività di spionaggio. 

Tra i detentori dei circa 300 numeri di telefono che sono stati trovati nell’elenco dei soggetti spiati in Ungheria spuntano molti soggetti che potrebbero verosimilmente essere invisi all’esecutivo: quattro reporter investigativi: Szabolcs Panyi and András Szabó, Dávid Dercsenyi e una quarta persona che ha scelto di rimanere anonima; un fotografo freelance che lavora come fixer per giornalisti americani e che aveva scritto dello sbarco in Ungheria della Banca di investimenti russa, avvenuto nel 2018; il proprietario del Central Media Group Zoltán Varga, finito spesso sotto attacco negli ambienti filogovernativi – e altri imprenditori che avevano partecipato a una cena a casa sua, dove si era discusso apertamente di politica ungherese; il figlio e uno dei consiglieri più fidati dell’oligarca Lajos Simicska (che notoriamente non utilizza smartphone), ex braccio destra di Orbán poi entrato in collisione con l’autocrate magiaro; Adrien Beauduin, ex studente della Central European University, che fu arrestato dalla polizia durante una manifestazione antigovernativa nel 2018; varie personalità pubbliche ungheresi, come un noto avvocato e un politico dell’opposizione, le cui identità non sono state ancora rivelate. 

Sono tutte persone che, a vario titolo, si sono inimicate il governo, protestando, criticandolo, investigandone le attività. 

Una delle fonti intervistate da Direkt6, ex agente segreto del servizio di intelligence ungherese, ha affermato che l’utilizzo di Pegasus da parte dei servizi ungheresi sia iniziato nel 2018, come risultato diretto dei buoni legami tra Ungheria e Israele. Negli ultimi anni, sulla scorta sia di interessi convergenti che di una comune attitudine antidemocratica, Viktor Orbán e Benjamin Netanyahu (fino al mese scorso premier israeliano) si sono avvicinati molto

L’esecutivo ungherese ha risposto in modo molto vago alle domande inviate dagli autori dell’inchiesta, senza negare o confermare in modo esplicito nessuna delle supposizioni contenute nell’inchiesta. L’ufficio stampa si è limitato a rispondere di «non essere a conoscenza di nessuna raccolta di dati effettuata in modo illegittimo», aggiungendo che l’Ungheria è un paese «governato dallo Stato di diritto e quindi in quanto tale ha operato e continuerà a operare secondo il diritto vigente». 

Dietro queste risposte elusive e formali, una realtà molto differente. Le attività di sorveglianza e le intercettazioni sono regolate in modo molto lasco in Ungheria. Le autorità, specialmente le agenzie di sicurezza nazionale, possono di fatto sorvegliare chiunque senza doversi curare di un controllo esterno. 

«L’Ungheria ha una delle situazioni peggiori dell’emisfero settentrionale, sul piano della sorveglianza nazionale. Nella maggior parte dei paesi esistono o regole molte severe che normano chi e quando può essere spiato dallo Stato, o un forte controllo non solo politico ma anche giuridico sulle attività delle varie agenzie governative. In Ungheria non esistono né une né l’altro», ha sintetizzato Máté Dániel Szabó, dell’associazione per la difesa dei diritti umani Hungarian Civil Liberties Union (HCLU). 

Anche l’affaire Pegasus conferma come l’Ungheria orbaniana rappresenti la falla di sicurezza dell’Ue. Il grado di compenetrazione dei sistemi giuridici, economici e militari tra l’Ungheria e il resto del blocco Ue (e Nato) è così elevato che queste velleità orwelliane non mettono a rischio solo la sicurezza e la privacy dei cittadini magiari, ma potenzialmente quelle di tutti i cittadini del Vecchio continente.

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