La manovra dopo il votoDraghi pensa a Quota 102 e a una stretta sul Reddito di cittadinanza

Chiusa la partita elettorale delle comunali, il presidente del Consiglio oggi riunirà la Cabina di regia e poi il Consiglio dei ministri per approvare il documento programmatico di bilancio. I risultati elettorali degli sconfitti, Lega e Cinque Stelle, fanno però temere una battaglia di resistenza sulle misure bandiera

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Chiusa la partita elettorale delle comunali, il presidente del Consiglio Mario Draghi sa che l’agenda di governo è fitta. E il prossimo step, dopo la delega fiscale, è la legge di bilancio. Da sempre terreno di scontro dei partiti, soprattutto in una maggioranza così composita come quella che guida. E soprattutto dopo i risultati venuti fuori dalle urne.

Oggi il premier riunirà la Cabina di regia e poi il Consiglio dei ministri per approvare il documento programmatico di bilancio e impostare le linee guida della manovra. Venerdì pomeriggio, di rientro dal Consiglio europeo di Bruxelles – o al più tardi lunedì prossimo – dovrebbe arrivare il via libera definitivo al testo. Draghi, scrive Repubblica, deve blindare al più presto la manovra per sottrarla allo scontro politico delle prossime settimane. In particolare, dai posizionamenti dei partiti sconfitti nelle urne: Lega e Movimento in testa. Sono proprio loro a far temere uno scontro sulla manovra. E, in particolare, sul Reddito di cittadinanza e Quota 100, terreno ideale per affermare un’identità uscita ammaccata dalle elezioni.

Il tempo stringe, visto che il Documento programmatico di bilancio deve essere inviato a Bruxelles entro il 15 ottobre di ogni anno. Un documento importante perché rappresenta una sintesi della manovra, con le poste e gli stanziamenti.

La dotazione dovrebbe aggirarsi intorno a 22-25 miliardi. Il governo, sui dossier più roventi, si starebbe muovendo in due direzioni: quota 102 come erede, per un periodo transitorio di due anni, di Quota 100 per anticipare la pensione; e un forte décalage del Reddito di cittadinanza alla seconda offerta di lavoro rifiutata. Poi la manovra dovrebbe contenere tra i 6 e i 10 miliardi per tagliare il cuneo fiscale e 2 miliardi alla sanità.

Il ministro dell’Economia Daniele Franco ieri ha incontrato per tutto il giorno le delegazioni dei partiti insieme allo staff di Palazzo Chigi per raccogliere i desiderata e fiutare l’aria che tira. Il clima, mutato dai risultati elettorali, di certo sta condizionando il confronto.

Soprattutto è scattata la gara a difendere le misure bandiera. La Lega, sconfitta nelle urne delle città al voto, oggi si presenterà chiedendo la proroga di Quota 100, per un anno o due. Il governo risponderà con un pacchetto di alternative, tra cui la mediazione di Quota 102 per due anni – supponendo forse un’uscita a 64 anni con 38 di contributi – con l’idea di spezzare lo scalone che si verrà a creare tra la fine di Quota 100 (31 dicembre di quest’anno) e il ritorno brusco nel 2022 ai requisiti ordinari della legge Fornero, sempre rimasti in vigore: 67 anni per la vecchiaia e 42 anni e 10 mesi per l’anticipata (un anno in meno per le donne), a prescindere dall’età anagrafica.

Anche i Cinque Stelle proveranno a mascherare la sconfitta elettorale difendendo il Reddito di cittadinanza, sul quale loro stessi hanno ammesso la necessità di migliorie. Ma lo difenderanno da chi vorrebbe invece smantellarlo, a partire dagli ex alleati populisti della Lega, Forza Italia e Italia Viva, che punta sul referendum.

L’idea che potrebbe vincere è quella di far scattare un taglio importante dell’assegno alla seconda offerta di lavoro rifiutata e fare controlli preventivi anti-furbetti: una stretta attesa e accettabile, anche perché il problema sono proprio le offerte di lavoro che non ci sono visto che le politiche attive fanno acqua e nessun beneficiario ne ha ricevuta neanche una. Chi ha trovato lavoro si è autocollocato. Il restyling del reddito, secondo le stime, potrebbe valere almeno un miliardo di euro, con un efficientamento della spesa da realizzare facendo leva su miglioramenti e ritocchi mirati, soprattutto sul versante delle politiche attive e dei controlli anti-furbetti.

Ma lo sforzo economico che sarà destinato al taglio del cuneo fiscale determinerà la strategia di crescita che Draghi vuole imprimere nella manovra – scrive Il Sole 24 Ore. Si parla di una forbice tra 6 e 10 miliardi. Nel governo la discussione è ancora accesa, al punto che si ipotizza di costruire in legge di bilancio un fondo destinato alla riduzione della pressione fiscale da attivare poi con successive misure attuative.

Prende quota l’idea, comunque, di anticipare già il taglio dell’Irpef, in particolare sul salto di aliquota dal 27 al 38%, che interessa i 7 milioni di italiani con un reddito compreso tra i 28mila e i 55mila euro. Ma non mancano quelli che vorrebbero da subito la cancellazione dell’Irap per le imprese. L’altro fronte riguarda i contributi. Nelle scorse settimane si era parlato dell’ipotesi di abolire la Cassa unica assegni famigliari (Cuaf), quasi 2 miliardi pagati oggi dai datori di lavoro. E sul tavolo c’è pure la possibile decontribuzione per il secondo percettore del reddito, con l’obiettivo di favorire l’occupazione femminile.

A puntare sul taglio del cuneo sono soprattutto Forza Italia e Italia Viva. Anche Confindustria sarebbe accontentata, così come ha chiesto il presidente Carlo Bonomi. Che però dovrà forse aspettare per la cancellazione dell’Irap, che avverrà con molta probabilità con l’attuazione della delega fiscale. I sindacati, da parte loro, di certo non potrebbero lamentarsi di una mediazione come Quota 102, e intanto attendono di capire quanti soldi alla fine verranno messi per la riforma degli ammortizzatori sociali. Quella impostata dal ministro del Lavoro Andrea Orlando valeva 8 miliardi. Forse ce ne sarà solo la metà.

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