«Supportare l’Ucraina con armi pesanti e uomini serve a isolare la governance russa dai contesti internazionali e sostenere quegli Stati che rischiano di essere il prossimo obiettivo di Mosca». Il generale Claudio Graziano, capo del Comitato militare della Ue, lo spiega al Corriere. «Siamo di fronte a una ingiustificata invasione da parte di uno Stato, la Russia di Putin, ai danni di uno Stato libero, sovrano e democratico che ha il diritto, e il dovere, di difendersi. Per evitare che questa assertività russa si estenda ulteriormente è importante essere al fianco dell’Ucraina e impedire che il conflitto si allarghi».
E i Paesi che rischiano di più sono «certamente Georgia e Moldavia», dice il generale.
Anche se la situazione sul campo non è negativa. Proprio grazie agli aiuti occidentali che «hanno permesso di modificare gli equilibri, invertendo l’andamento delle operazioni sul terreno. Nelle ultime ore l’esercito ucraino continua a espandere il successo iniziale della sua controffensiva limitata intorno a Kharkiv. In quell’area, le forze russe sono state spinte in una sottile striscia di territorio con una profondità media di soli 10 chilometri. Gli sforzi offensivi russi, invece, in altri settori del Donbass, rimangono bloccati e inefficaci. Le forze russe potrebbero prepararsi a rivedere le priorità degli assi di combattimento. E poi c’è Mariupol, che è stata completamente distrutta ma dove ancora si combatte».
Graziano spiega che «con le locali controffensive ucraine siamo sicuramente nella terza fase di questa guerra. Il Piano A di Putin, infatti, prevedeva una campagna “veloce, economica e facile” per impadronirsi di Kiev e di altri punti chiave, catturare i leader del governo e forzare un accomodamento politico dall’Ucraina, ossia l’instaurazione di un governo asservito. Entro le prime 48 ore, le perdite in combattimento russe hanno indicato ai comandanti che questo piano era fallito. Successivamente abbiamo avuto una seconda fase in cui il popolo ucraino nella sua totalità si è battuto per il sacro dovere della difesa della patria. La loro determinazione, unita al sostegno internazionale, sembra stia palesando un cambio di passo lasciando immaginare che potremmo essere all’inizio di una nuova fase: quella di fermare l’offensiva riguadagnando parte dei territori caduti sotto il controllo russo in questi 77 giorni».
Difficile dire quanto durerà la guerra. «Se le forze ucraine non riusciranno a respingere l’invasore il rischio reale è quello di un calo, anche fisiologico se vogliamo, dell’intensità delle operazioni che però potrebbero prolungarsi per anni, scavando una profonda trincea nelle relazioni fra le grandi potenze, generando definitivamente un conflitto d’attrito», spiega Graziano.
Ma «senza l’invio di armi all’Ucraina oggi, molto probabilmente, Putin avrebbe il controllo del governo di Kiev minacciando direttamente i confini dell’Unione europea. Senza considerare che Moldavia, Georgia e Bosnia, in assenza di una ferma risposta europea e occidentale, avrebbero probabilmente subito le stesse attenzioni di Putin».
In più, «vedo l’accentuarsi di iniziative diplomatiche dei singoli Paesi, va tutto bene per arrivare alla pace il prima possibile ma è fondamentale che l’Unione europea trovi la forza per parlare finalmente con una sola voce, forte e autorevole, per l’avvio di un serio, credibile e duraturo tavolo negoziale e l’Europa può ancora giocare un ruolo importante».
Il generale Graziano, che tra qualche giorno lascerà l’uniforme dopo 50 anni, spiega che «mai come oggi la guerra minaccia così da vicino il Vecchio continente». E dice che «arriveremo a un nuovo equilibrio tra le potenze». Non solo sul fronte cinese. «Sto parlando dell’Africa e della sua crescita demografica e dei conflitti in atto, ma anche dell’Indo-Pacifico con le sue sfide e questioni insolute. E questo senza dimenticare l’importanza dei nuovi domini di spazio e protezione delle reti cibernetiche».