CarovitaIl commissario europeo Schmit vuole adeguare i salari all’inflazione

Se non agiamo, sostiene, «la domanda crollerebbe e ci ritroveremmo in quello che tutti temono, ovvero nella stagflazione». La sua proposta è di un adeguamento delle buste paga «vicino» alla curva inflazionistica. E alcuni settori «dovranno avere incrementi più elevati per attrarre il capitale umano di cui hanno bisogno e che magari non trovano facilmente».

(LaPresse)

«Io credo che si debba tenere la dinamica dei salari vicino all’aumento dei prezzi così da non deprimere la domanda globale». Il commissario europeo per il Lavoro Nicolas Schmit lancia il sasso in un’intervista alla Stampa, sfidando le “confindustrie” del continente. Se non agiamo, sostiene, «la domanda crollerebbe e ci ritroveremmo in quello che tutti temono, ovvero nella stagflazione».

Il problema, spiega, è che in Europa «ci attendevamo la ripresa dell’inflazione, ma non che sarebbe stata così massiccia e oltre il breve termine. Lo scenario è cambiato. Per la guerra, l’energia e i prezzi del cibo, per colpa di chi trae vantaggio degli aumenti incrementando lo stessi i prezzi. Oltretutto, c’è un effetto di anticipazione sugli aumenti, anche in settori non direttamente collegati a quelli dove i prezzi stanno salendo».

E «i mercati dell’energia sono parzialmente fuori dal nostro controllo. Non è semplice. Potremmo comprare il gas in un modo più coordinato. O mettere un tetto ad alcuni prezzi». Anche perché l’inflazione energetica durerà: «Non sono convinto che il rialzo sarà breve. E questo è il problema. Molti Paesi, come l’Italia, hanno preso delle decisioni per mitigare i prezzi. Questa è una buona mossa. Ma se durerà più a lungo, sarà più difficile».

E allora? «L’esempio del governo italiano merita ammirazione. Ci sono dei beneficiari di questi aumenti nel settore energetico che hanno visto aumentare fortemente i loro profitti. È successo perché i costi di produzione del petrolio non sono aumentati e, comunque, i contratti sono perlopiù a lungo termine. Questi profitti extra vanno tratti in modo speciale, severamente. Soprattutto se i guadagni non finiscono in nuovi investimenti in rinnovabili, ma nelle tasche degli azionisti o nel riacquisto di azioni che ne fa salire il valore. Tassandoli, si possono aiutare le famiglie a mitigare gli aumenti, e anche aiutare le imprese, che pure soffrono».

Schmit dice di aver «discusso con Andrea Orlando (ministro del Lavoro, ndr) il caso della ceramica in Italia che è particolarmente colpito. Se prendiamo i soldi ai grandi beneficiari e li diamo a chi ne ha bisogno disegniamo una strategia positiva nel medio termine».

E poi ci sono gli stipendi che soffrono in questa fase di alta inflazione. «Da noi non si è innescata la spirale salari-prezzi», dice. «Ne consegue che dire ai lavoratori “abbiamo l’inflazione che cresce, non è colpa vostra, né dei sindacati, ma serve la moderazione salariale” non è una risposta sostenibile. Io credo che dobbiamo tenere i salari vicino all’aumento dei prezzi così da non deprimere la domanda globale».

Il commissario avverte che «per ragioni economiche e politiche non è il momento di chiudere le porte e dire niente negoziati per il rinnovo dei contratti. La relazione fra salari e inflazione deve essere realistica». O meglio, «vicino all’inflazione. Può essere sopra o sotto. Ma vicino. Dipende dai settori. Alcuni dovranno avere incrementi più elevati per attrarre il capitale umano di cui hanno bisogno e che magari non trovano facilmente».

Ma «non possiamo dire che i salari devono essere molto sotto l’inflazione. Creerebbe povertà nei nostri Paesi, sono molti a essere in difficoltà, anche fra quelli che hanno un lavoro. La domanda crollerebbe di conseguenza e ci ritroveremmo in stagflazione, che è quello di cui tutto hanno paura».

Oltretutto «la globalizzazione sta cambiando. Molti Paesi, come l’Italia o la Germania, sono molto focalizzati sull’export. Non possiamo più affidarci al fatto che i cinesi compreranno tutto quello che ci serve. Anche loro sono in crisi. In un contesto europeo, come blocco economico, dobbiamo ragionare sostenerci da soli e lavorare sulla domanda europea come o più delle economie emergenti o della Cina. Dobbiamo pensare più “Europeo”».

La ricetta del commissario è: «Per rispondere a questa crisi particolare ed evitare che i lavoratori ne paghino il prezzo dobbiamo trovare soluzioni combinate. Aumento dei salari con qualche aiuto dal punto dei visti del sostegno sociale e anche qualche aggiustamento fiscale. La giusta soluzione sarà una sorta di cocktail fra tutto questo».

Altrimenti il rischio più grande è «quello di far cadere la nostra economia in una recessione per colpa della caduta della domanda interna. La domanda esterna è in difficoltà. Se non reagiamo a livello europeo, possiamo ritrovarci in acqua molto agitate».

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