Il leader del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte ha evocato la crisi di governo, furibondo per la sconfitta grillina che ha portato Stefania Craxi alla presidenza della commissione Esteri del Senato al posto di Vito Petrocelli. Ha convocato il Consiglio nazionale e attaccato il premier Draghi sostenendo che ha la responsabilità di tenere assieme la nuova maggioranza, estesa dalla Meloni a Renzi. Ma il premier ha evitato ogni reazione pubblica davanti all’ennesimo attacco del suo predecessore, in vista dell’informativa prevista per oggi alle Camere, anche alla luce dell’incontro avuto, la settimana scorsa a Washington, con il presidente statunitense Joe Biden.
L’appuntamento è alle 9 al Senato e alle 11.30 alla Camera. Non è previsto alcun voto, ma il Movimento Cinque stelle continua nel pressing affinché il Parlamento possa discutere e votare nuovamente sulla posizione italiana riguardo l’invio delle armi e la guerra in Ucraina. E oltre a quello dei grillini, c’è anche il fronte leghista. «Dai dati che ho a disposizione penso che sia arrivata la fine dell’invio di armi» dall’Italia in Ucraina, ha sostenuto Matteo Salvini, l’altro componente della maggioranza critico sull’invio di armamenti a Kiev. «Conto che non ci sia bisogno» di un voto del Parlamento «perché non ci saranno più invii di armi», ha sostenuto il segretario leghista.
Secondo quanto riporta il Corriere, nell’entourage di Draghi si sarebbe comunque aperta una riflessione per valutare la possibilità di quel «confronto parlamentare» su armi e guerra in Ucraina che Conte va invocando da giorni. Il premier, smentendo il categorico e ufficioso «no», potrebbe decidere di tenere le comunicazioni prima del Consiglio Ue straordinario del 30 e 31 maggio. La prassi non lo richiede, ma da Chigi ritengono che il governo «non abbia nulla da nascondere», Draghi non teme una conta in Aula ed è «molto attento alle istanze che vengono dal Parlamento».
Se Conte otterrà le comunicazioni, avrà una risoluzione di maggioranza da poter votare dopo averci infilato qualche solido paletto, come il no a un eventuale, quarto invio di armi a Kiev.
E se sull’invio delle armi il clima interno alla maggioranza resta di tensione, con il governo che punta ad andare dritto, sull’atteggiamento da assumere in Parlamento in merito all’allargamento della Nato a Svezia e Finlandia la strada appare invece in discesa.
Sulla questione è previsto che le Camere si esprimano. La Lega ha ammorbidito le sue posizioni mentre Berlusconi ha fatto presente di essere stato frainteso. Svezia e Finlandia hanno presentato oggi la candidatura formale per l’adesione all’alleanza atlantica, proprio nel giorno in cui il primo ministro finlandese, Sanna Marin, è stata ricevuta a Palazzo Chigi.
Per le prossime settimane, l’agenda di Draghi è già piena. Parteciperà alle due riunioni del Consiglio europeo che si terranno a Bruxelles il 30 e 31 maggio e il 23 e 24 giugno, poi al vertice della Nato di Madrid il 29 e 30 giugno e al G7 in Germania, a Elmau, dal 26 al 28 giugno. Incontrerà il premier bulgaro Kiril Petkov il 23 maggio a Roma e il giorno successivo quello della Macedonia del Nord Dimitar Kovachevski. Il 7 giugno vedrà la presidente della Georgia Salomè Zourabichvili.
La questione del gas dal Nordafrica verso l’Italia e l’Europa sarà invece al centro della visita di Stato che il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune farà a Roma il 26 maggio.