«La gifle», lo schiaffo, è tra le parole più usate dai quotidiani francesi per descrivere il risultato elettorale del presidente Emmanuel Macron alle elezioni legislative. Un crollo dei voti oltre ogni previsione, a due mesi dalla riconquista dell’Eliseo, che significa la perdita della maggioranza assoluta in Parlamento. Senza avere neppure la certezza di poterla ottenere attraverso nuove alleanze politiche.
Il Parlamento francese esce dalle urne con equilibri sconvolti. Un «Parlamento all’italiana», come lo hanno già definito i commentatori d’Oltralpe.
Emmanuel Macron con la sua coalizione Ensemble! ha ottenuto 246 seggi: è arrivato primo, ma è lontanissimo dalla maggioranza assoluta di 289 seggi su 577 necessari per governare. Nel primo mandato aveva 341 deputati. La coalizione di sinistra Nupes, guidata da Jean-Luc Mélenchon, diventa la principale forza di opposizione, con 142 deputati, senza poter rivendicare la leadership di governo. Decuplica Marine Le Pen, con il Rassemblement National, che sale a 89 seggi, rispetto agli otto attuali.
«È una sconfitta totale per Macron», attacca Mélenchon. «Macron è un presidente di minoranza», rivendica Le Pen, che promette una opposizione «ferma ma responsabile».
Ma ancora una volta è il partito degli astensionisti che ha vinto: 54%, 26 milioni di elettori che non sono andati alle urne.
Il presidente, tornando dalla sua prima visita nell’Ucraina in guerra, aveva chiesto ai francesi una maggioranza «forte e chiara» per una «Francia davvero europea». E invece il risultato è un terremoto per la galassia macronista, che perde più di 141 deputati rispetto al 2017.
A parlare nella serata più difficile dell’era Macron, è stata la premier Elisabeth Borne, che ha pronunciato parole pesanti: «È una situazione inedita che rappresenta un rischio per il nostro Paese viste le sfide che dobbiamo affrontare, sia sul piano nazionale che internazionale». La Borne ha lanciato un appello all’unità per «costruire una maggioranza d”azione» per il paese, ipotizzando «compromessi» per tenere la rotta.
Per Macron si profila una situazione complicata, difficilmente governabile. La forza più moderata con la quale il governo potrebbe negoziare, la destra dei Républicans, ha 64 seggi, meno di quelli dell’estrema destra della Le Pen. L’altra strada per Macron è costruire maggioranze a geometria variabile per far approvare in Parlamento ogni singola riforma.
I candidati macronisti sono stati penalizzati in numerosi ballottaggi. L’attuale esecutivo perde alcuni ministri di peso come Amélie de Montchalin (Transizione ecologica) e Brigitte Bourguignon (Salute). Chi perde nelle urne, aveva detto Macron, dovrà dimettersi dal governo. La prima a cadere ieri mattina, quando sono arrivati i primi risultati dall’estero, è stata la sottosegretaria al Mare battuta nella circoscrizione della Guadalupa, vinta dalla sinistra. Sconfitti altri fedelissimi del capo di Stato, come l’ex ministro Christophe Castaner e l’attuale presidente del Parlamento Richard Ferrand.
«La nostra mano è tesa a tutti quelli che vogliono portare avanti il Paese», ha detto la portavoce del governo francese Olivia Grégoire dopo i risultati elettorali. La Francia non è ingovernabile ma ci vorrà «molta immaginazione» per agire, ha spiegato il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire.
È uno scenario inedito per la Quinta Repubblica. L’ultima volta era successo nel 1988 al premier Michel Rocard con l’allora presidente socialista François Mitterrand all’Eliseo. Rocard, a cui mancavano però solo una quindicina di deputati, aveva fatto alleanze puntuali per far passare alcune riforme. Mélenchon e Le Pen promettono di usare strumenti parlamentari finora poco usati, compresa la “mozione di censura” contro il governo, che può portare alle sue dimissioni se viene adottata dalla maggioranza dei deputati.
Dall’Italia sono arrivati gli auguri di Matteo Salvini a Le Pen: «Sono contento per Le Pen ed i francesi. Lei ha parlato di lavoro in Francia come lo fa la Lega in Italia. Mentre altri parlavano di massimi sistemi, lei ha convinto milioni di francesi sulla necessità di cambiare mettendo al centro il lavoro, la famiglia, come fa la Lega, anche se in questo governo con il Pd e M5s è difficile parlare di alcuni temi come la flat tax».