Apprendere il lavoroCosa non va nella proposta del Pd di retribuire gli stage curriculari

Il segretario dem propone di far pagare alle aziende i tirocini curriculari. Ma così li renderebbe di fatto irrealizzabili per gli under 18 e paradossalmente incentiverebbe le imprese a utilizzarli al posto di un contratto di lavoro vero, a partire dall’apprendistato

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Nel presentare le proposte del Partito Democratico rivolte ai giovani, il segretario Enrico Letta ha messo in evidenza tra le altre quelle che riguardano gli stage curricolari ed extracurricolari. Il Pd promette di introdurre l’obbligo di retribuzione per gli stage curriculari e di abolire gli stage extra-curriculari, salvo quelli attivati nei 12 mesi successivi alla conclusione di un percorso di studi.

L’obiettivo di questa misura è di «assicurare che lo strumento torni a rappresentare un’occasione di formazione e non più di lavoro mascherato». Questo nonostante lo stage curricolare, come noto, viene svolto durante un percorso formativo concordato tra l’ente di formazione o la scuola e l’azienda o la realtà ospitante. 

Lo stesso Pd, nella parte del programma dedicata al volontariato e al terzo settore, indica l’obiettivo della «promozione di stage e collaborazioni con le scuole per fare esperienza di educazione civica nelle associazioni». Quante associazioni di volontariato potranno permettersi di retribuire gli studenti accolti in stage? Ma è soprattutto nella formazione professionale che potrebbero esserci le ricadute peggiori. 

«Mi piacerebbe – ci ha detto Dario Odifreddi, Presidente della Piazza dei Mestieri di Torino, realtà che in quasi vent’anni di attività ha portato alla qualifica e quindi ad avere un’opportunità lavorativa migliaia di giovani – che poteste incontrare un po’ dei giovani con cui io lavoro tutti i giorni. Sono di una fragilità crescente e impressionante. Per un’azienda artigiana prendere in tirocinio uno dei miei ragazzi è un atto di generosità non un vantaggio economico. Se rendiamo più complesso e culturalmente criticabile ogni approccio al lavoro dei giovani aumenteranno i Neet (Not in Education, Employment or Training, n.d.r.) e i tempi di transizione scuola lavoro». «Disastro umano ed economico», conclude. 

Maurizio Del Conte, Professore ordinario di Diritto del lavoro alla Università Bocconi è scettico: «I tirocini curriculari sono parte integrante del percorso formativo finalizzato all’acquisizione del titolo di studio. Si può prevedere qualche forma di rimborso spese, ma parlare di retribuzione significa distorcere la natura del tirocinio e paradossalmente incentivare le imprese a utilizzarlo al posto di un contratto di lavoro vero, a partire dall’apprendistato».

Dunque non solo problemi di natura pratica per la tenuta di tutta la filiera professionalizzante, ma anche una preoccupazione per un possibile fraintendimento su quali siano la natura e la finalità del tirocinio curricolare.

Molto preoccupata infatti anche Paola Vacchina, presidente di Forma, l’associazione che riunisce gli enti nazionali di formazione professionale, quali le Acli, l’Enaip, la CdO, ma anche Cisl, Coldiretti, Confartigianato, Confcooperative e tante altre. «Non è corretto, ha dichiarato dopo aver saputo della proposta, prevedere l’obbligo di retribuzione per gli stage curricolari e vanno perlomeno esclusi quelli che vengono realizzati nell’ambito della IeFP (la formazione professionale regionale, n.d.r.), ossia per ragazzi molto giovani, in eta’ di obbligo formativo». 

Forma, forte della sua esperienza sul campo, ritiene infatti che rendere onerosi per le aziende i tirocini curricolari li renderebbe di fatto irrealizzabili nell’eta’ dell’obbligo. «Le aziende – ha aggiunto Vacchina – sono un bacino di formazione pratica molto importante nei percorsi di IeFP e fanno un investimento sulla formazione di questi ragazzi, la qualità dell’intervento è garantita proprio dal rapporto con l’ente di formazione e con due tutor (uno dell’azienda e uno dell’ente di formazione) che seguono il ragazzo per tutto il percorso: bisogna evitare di rendere complicata la collaborazione con le istituzioni formative, anche perché i tirocini per questi ragazzi non sono configurabili come lavoro produttivo».

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