Mettiamo subito le cose in chiaro. Questo è un libro sulla gravità quantistica a loop, uno degli approcci contemporanei allo sviluppo di una teoria quantistica della gravità, che si colloca al limite estremo della nostra attuale comprensione di spazio, tempo e universo. In quanto scienza di frontiera, dovrebbe essere un argomento di lettura interessante, ma attenzione: come per ogni teoria di questo genere, a tutt’oggi non esiste alcuna osservazione o evidenza sperimentale che la confermi.
Allora perché dovrebbe interessarci? Ecco la mia risposta. È indubbio che questi primi decenni del ventunesimo secolo ci presentino enormi sfide economiche, politiche e ambientali, alcune molto più ostinate e intrattabili di altre. Ma se si parla della nostra capacità di capire la natura dello spazio e del tempo, di comprendere a fondo il tessuto della realtà fisica, allora la teoria quantistica della gravità è semplicemente il più grande problema scientifico della nostra epoca, perché affronta il «quesito fondamentale» dell’esistenza.
Risolvere questo problema richiede conoscenze e abilità scientifiche molto approfondite; richiede momenti di intuito, di ispirazione, ed esige un livello di creatività intellettuale che probabilmente non ha precedenti nella storia della fisica.
Il motivo è semplice. Oggi abbiamo la fortuna di avere a disposizione due teorie di straordinario successo. La prima è la teoria generale della relatività di Albert Einstein, che descrive il comportamento su larga scala della materia in uno spazio-tempo curvo. La relatività generale ci spiega come funziona la gravità: la materia dice allo spazio-tempo come incurvarsi, e lo spazio-tempo incurvato dice alla materia come muoversi. La teoria è alla base del cosiddetto modello standard della cosmologia del big bang, usato per descrivere l’evoluzione dell’universo praticamente dal suo inizio, avvenuto secondo i dati attuali circa 13,8 miliardi di anni fa.
La scoperta delle onde gravitazionali all’osservatorio ligo negli Stati Uniti (a cui si è aggiunto Virgo, nei pressi di Pisa) è solo il più recente dei tanti trionfi della teoria. La seconda è la meccanica quantistica, una teoria che descrive il comportamento della materia e della radiazione su piccola scala, ossia a livello molecolare, atomico, subatomico e subnucleare. Sotto forma di teoria dei campi, la meccanica quantistica è alla base del cosiddetto modello standard della fisica delle particelle, che costruisce tutti i costituenti visibili dell’universo (comprese le stelle, i pianeti, e noi) a partire da quark, elettroni e portatori di forza come il fotone.
La scoperta del bosone di Higgs al Cern di Ginevra è solo il più recente dei tanti trionfi della teoria. Pur rappresentando traguardi intellettuali grandiosi e di enorme successo, entrambi i modelli sono però crivellati di buchi.
È davvero parecchio quel che non riescono a spiegare, e molti interrogativi importanti rimangono irrisolti. Si potrebbe quasi dire che i loro successi sono serviti solo a far apparire l’universo ancor più sfuggente e misterioso, se non addirittura del tutto bizzarro. Più impariamo, meno sembriamo capire. Le due teorie sono anche fondamentalmente incompatibili. Nella meccanica classica di Isaac Newton gli oggetti esistono e gli eventi accadono all’interno di un «contenitore» di spazio e tempo assoluti che funge in qualche modo da sfondo.
Se si potesse eliminare tutto il contenuto dell’universo newtoniano, il contenitore vuoto rimarrebbe. La relatività generale toglie di mezzo il contenitore. Nell’universo di Einstein lo spazio e il tempo diventano relativi, non più assoluti, e la teoria risulta «indipendente dal fondo». Lo spazio-tempo è dinamico, ed emerge come conseguenza delle interazioni fisiche che coinvolgono la materia e l’energia.
La meccanica quantistica, inesorabilmente corretta nelle previsioni nonostante l’esasperante livello di bizzarria, è formulata invece in modo diverso. Le interazioni che coinvolgono le particelle elementari di materia e radiazione avvengono proprio in quel contenitore spaziotemporale che la relatività generale ha eliminato.
La meccanica quantistica è «dipendente dal fondo». Eccoci dunque. Abbiamo una teoria classica (cioè non quantistica) dello spazio-tempo che non dipende dal fondo, e una teoria quantistica della materia e della radiazione che invece dipende dal fondo. Le nostre teorie fisiche meglio riuscite sono costruite su interpretazioni dello spazio e del tempo tra loro incompatibili, sono trame intessute su due tipi diversi di ordito, uno generato insieme alla fisica stessa (co-generato), l’altro preesistente e assoluto.
Abbiamo due descrizioni incompatibili ma, per quanto ne sappiamo (e certamente per quanto possiamo dimostrare), abbiamo sempre avuto un universo solo. Questo è un problema, giacché sappiamo anche che nei primi istanti dopo il big bang la scala caratteristica dell’universo era quella quantistica, regno incontrastato della teoria dei quanti. Ora, il fatto di non riuscire a spiegare l’origine e i primi istanti di vita dell’universo potrebbe non turbarci più di tanto, ma la storia della fisica degli ultimi cent’anni ci ha incoraggiati ad aspettarci di più. Quel che ci serve è una teoria quantistica della gravità. Sono riuscito a catturare la vostra attenzione?
© 2018 Jim Baggott
© 2022 Adelphi Edizioni S.p.A. Milano
Quanti di spazio è uscito originariamente in inglese nel 2018.
Questa traduzione è pubblicata in accordo con Oxford University Press.
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