Disciplina cronologicaIl rispetto dell’orario è un valore sacro che consente di controllare il tempo (e valorizzarlo)

Nel saggio di cronosofia “Avere tempo” (Treccani), Pascal Chabot descrive l’importanza di agende e griglie che dettano i ritmi della giornata, e hanno permesso all’uomo di organizzare il futuro

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Una volta era la natura a plasmare il tempo degli uomini. Imponeva loro il suo ritmo. L’ordine delle stagioni dettava le fasi della vita umana, perché dal suo rispetto dipendevano il raccolto e la sussistenza. Questi ritmi naturali continuano ad avere un impatto sulle nostre società, ma poiché queste si sono allontanate dalla natura e sono state confinate in bolle architettoniche protettive che regolano l’atmosfera, la loro dipendenza dal tempo naturale è diminuita. Prima dell’elettricità, le notti erano buie; molte attività dovevano aspettare la luce del mattino.

L’illuminazione ha cambiato tutto, come tante altre invenzioni che hanno liberato l’uomo dai ritmi della natura. Ma questo non significa che il tempo umano sia diventato libero da ogni influenza. Altre istanze hanno preso il controllo, tra cui lo schermo, come abbiamo appena visto, ma anche l’orario. Cos’è un orario se non la fusione del calendario, dell’agenda, degli orari dell’alba e del tramonto, delle aperture e delle chiusure, degli appuntamenti, delle riunioni, delle pause, dei vincoli, delle commissioni, dei viaggi, dei contrattempi prevedibili e degli imprevisti? Il nostro rapporto con il tempo si basa su una pianificazione razionale e meticolosa che trasforma questo ambiente temporale indifferenziato in uno spazio suddiviso in una griglia di ore, rendendo così l’intera esperienza prevedibile e presente.

L’orario rende simbolicamente presente sia il passato che il futuro. Il tempo diventa una successione di caselle, e l’individuo che vive nella durata passa da un compito all’altro secondo un ordine regolato come una corsa a ostacoli, quando non ci sono pericoli che lo disturbano. Vivere secondo l’ora significa obbedire a questa precisa lista di compiti che i nostri schermi ci ricordano a richiesta, permettendoci un controllo estremamente raffinato del futuro spazio-temporale. Per la stragrande maggioranza di noi, tutto è scritto in anticipo, così che ogni lunedì mattina sia possibile prevedere nel dettaglio dove saremo a questa o a quell’ora e cosa faremo. Ci sono sempre meno clandestini del tempo. L’orario è la regola, la sorpresa l’eccezione. E in definitiva, il tempo è ovunque, ma da nessuna parte, perché questo tempo è un tempo dell’urgenza. Il presente non è il luogo del tempo in sé, del carpe diem che alimenta le contemplazioni dell’era del Fato. Al contrario, è un presente febbrile, ansioso, dove l’essere è convocato.

La disciplina cronologica è un prerequisito per il buon funzionamento della vita sociale. Gli orari sono interdipendenti, per cui i ritardi, le imprecisioni, le lunghe chiacchierate e le ostruzioni di alcuni disturbano il regolare svolgimento della giornata di altri. I richiami all’ordine non si sono fatti attendere. Bisogna essere in una posizione elevata per prendersi delle libertà con l’orologio, il che comporta immediatamente una reputazione. Si dice che la puntualità è la cortesia dei re, ma è soprattutto il dovere dei sudditi.

Il rispetto dell’orario è la prima delle deferenze. Imparata fin dall’infanzia, quando cinque minuti di ritardo a scuola vengono accolti con osservazioni e poi punizioni, sottolineata dai rimproveri di chi è stato fatto aspettare, e sperimentata a proprie spese quando si perde un treno o uno spettacolo al cinema, la puntualità è una di quelle rigidità che curiosamente non viene derisa. Mentre a livello morale l’inventiva è opportuna e le fantasie personali sono incoraggiate, la tolleranza sociale verso gli artisti dell’orario si avvicina allo zero. Di fronte a loro, anche il più flemmatico può avere un subconscio da gendarme, pronto a fare un’osservazione.

Questo perché l’orario è un valore quasi sacro che consente di controllare il tempo e quindi di farlo fruttare. Far fruttare il tempo degli uni e degli altri è infatti uno degli obiettivi perseguiti, oltre a garantire la sincronizzazione degli scambi. Questa preoccupazione di far fruttare il tempo si manifesta nel fenomeno della compressione spazio-temporale: a volte dobbiamo cercare di inserire in una sola unità di presente la massima quantità di scambi, la massima quantità di comunicazione, la massima quantità di acquisti, la massima quantità di divertimento, la massima quantità di piacere e la massima quantità di utilità. Tutte queste quantità massime insieme permetteranno di proclamare: “Non ho perso tempo!”. Così compressi, azioni e affetti animano le caselle dell’orario.

Caricano il momento presente di una potenza che può renderlo desiderabile e piacevole, in cui si mescolano urgenza, intensità, emozione, tutti quegli ingredienti che rendono la vita frenetica.

Perché un orario ben curato non esclude l’eccitazione, altrimenti sarebbe noioso. Al contrario, in certi momenti permette la convergenza di forze ed energie, conversazioni e incontri, che rendono i momenti memorabili. Anche l’indimenticabile può essere pianificato e programmato con largo anticipo. Basta organizzare la giusta compressione, per una certa durata, di potenze detonanti. Anche le festività sono inserite nell’orario, come tutta la nostra vita manifesta.

Da “Avere tempo. Saggio di cronosofia” di Pascal Chabot, Treccani, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 2023, p. 176, 17€. Per gentile concessione dell’editore.

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