I migranti come un’alluvione o un terremoto. Il governo Meloni, con una delibera del consiglio dei ministri, ha dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per la gestione e l’accoglienza dei rifugiati. Durerà almeno sei mesi e ci sarà un commissario delegato.
Lo stato di emergenza nazionale è stato proposto dal ministro del Mare Nello Musumeci su richiesta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. A sostegno è stato stanziato pure un fondo extra di 5 milioni di euro, che nelle intenzioni può raggiungere i 300 milioni. La scelta del governo è basata sull’aumento degli sbarchi, 31.292 fino ad oggi, il trecento per cento di più rispetto allo stesso periodo del 2022. Vale a dire e 115mila migranti presenti in questo momento in Italia che, stando alle tabelle del Viminale, hanno saturato il sistema dell’accoglienza nazionale.
Si tratta di una misura amministrativa, fondamentalmente per svuotare gli hotspot, che però ha inevitabili risvolti politici: «Abbiamo deciso lo stato di emergenza sull’immigrazione per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi», ha dichiarato Giorgia Meloni con una nota al termine del Consiglio dei ministri.
«Il forte incremento dei flussi migratori registrato nell’anno in corso», si legge in una nota del Consiglio dei ministri, «sta determinando situazioni di gravissimo sovraffollamento dei centri di prima accoglienza e, in particolare, dell’hotspot di Lampedusa».
Strano, fa notare Repubblica: nel 2016, l’anno record per gli sbarchi (181mila) l’Italia ospitò 176mila persone senza per questo dichiarare lo stato di emergenza nazionale. Il precedente risale al 2011, allora il premier era Silvio Berlusconi e l’emergenza venne affidata al prefetto Franco Gabrielli.
Il commissario delegato, che salvo sorprese sarà il prefetto Valerio Valenti, ex prefetto di Firenze, già capo del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, ha il compito di reperire posti letto aggiuntivi con procedure rapide e semplificate perché potrà derogare alle norme degli appalti delle prefetture. Senza procedure d’emergenza, anche i semplici noleggi di charter e navi devono essere sottoposti a gare europee, procedure che per sei mesi potranno essere più rapide.
Il commissario lavorerà a stretto contatto con il personale e le risorse della Protezione civile e della Croce rossa. Con il potere assegnatogli dalle ordinanze, potrà affittare navi e pullman per trasferire in altre città gli sbarcati a Lampedusa, comprare o affittare immobili per aprire nuove strutture, allargare la capienza dei dieci Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) che sono presenti in nove regioni. L’intenzione, caldeggiata soprattutto da Salvini, è quella di averne uno in ogni regione per incrementare al massimo i flussi del rimpatrio.
Con l’ingresso nello stato d’emergenza, poi, si attua una via preferenziale anche per l’accesso al fondo di emergenza nazionale della presidenza del Consiglio, che però va rifinanziato.
E all’interno di questa nuova cornice giuridica rientrano anche gli emendamenti al decreto Cutro, su cui Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno trovato l’accordo politico e che saranno depositati in Parlamento. La protezione speciale, la terza forma di tutela per i profughi dopo l’asilo e la protezione sussidiaria per chi fugge dalle guerre, verrà compressa per diminuire il numero delle persone che ne hanno diritto. Decadrà per chi rientra anche solo temporaneamente in patria, e la verifica per il rinnovo passa dagli attuali quattro a due anni.
I tempi di permanenza all’interno dei Cpt dovrebbero subire variazioni. Il pacchetto di emendamenti punta ad accelerare i tempi sull’eventuale riconoscimento della protezione internazionale e i provvedimenti di accompagnamento alla frontiera, anche attraverso incentivi rivolti ai Paesi di provenienza a riprendersi i propri cittadini. Infine si introduce nell’ordinamento il collegamento da remoto all’udienza di convalida per l’accompagnamento alla frontiera o il trattenimento nei Cpt.
L’auspicio di Lega e Fratelli d’Italia, con Meloni, in testa era di arrivare all’abolizione della protezione sussidiaria. Ma i paletti sono molti, a cominciare dalla posizione del Quirinale, espressa subito dopo il Consiglio dei ministri celebrato a Cutro. Così, il compromesso possibile, che oggi prenderà forma in un emendamento del governo, sarà quello di una stretta su molte voci della protezione speciale.