«Adelante – esulta comprensibilmente Elly Schlein sul voto spagnolo – è la dimostrazione che l’onda nera si può fermare quando non si punta ad alimentare le paure ma a risolvere i problemi concreti delle persone: aumentando il salario minimo e limitando i contratti a termine, affrontando sul serio l’emergenza climatica, limitando gli effetti del caro energia e dell’inflazione sulle imprese e sulle fasce più povere. Adelante!».
Il concetto è chiaro. Lo svolgimento, diciamo così, più incerto: non è che Vox sia stata fermata per il salario minimo, quantomeno è un po’ una forzatura, Elly però cerca conferme in Spagna della bontà delle sue battaglie in Italia, un gioco dialettico che in teoria ci sta.
Tuttavia questa benedetta battaglia sul salario minimo orario, diventata la madre di tutte le bandierine, come previsto si è ficcata su un binario morto che la coppia Schlein-Conte non sa o non vuole disincagliare. Gli spazi di mediazione già strettissimi e incerti sono saltati ieri.
Le opposizioni, con il dissenso di Carlo Calenda, hanno deciso di non andare a vedere il gioco di Giorgia Meloni che aveva fatto sapere di essere disposta anche a un incontro a patto che ora si sospendesse la polemica. Il Pd in versione tosta non si fida della presidente del Consiglio. Anche perché sospettano che lei in realtà sia stata frenata dai suoi. Ma invece di provare a incunearsi in questo possibile contraddizione nella maggioranza, il Pd non si rende disponibile a niente: «Il 28 si va in Aula e basta», è la linea del gruppo dirigente del Nazareno sempre su posizioni più intransigenti, non si sa quanto per ragioni di coerenza e quanto di propaganda.
Il risultato è che oggi in commissione verrà approvato il famoso emendamento soppressivo della proposta di legge sui nove euro orari che è un segnale inequivocabile della rottura tra maggioranza e opposizioni, il che peraltro non impedisce che giovedì la proposta Pd-M5s-Asv-Azione-PiùEuropa vada in Aula ma con questo timbro negativo apposto in commissione, e quindi verrà bocciata. Calenda sarebbe stato invece favorevole a dare un segnale a Meloni per arrivare a un faccia a faccia la settimana prossima, ma questa idea come detto non piace alle altre opposizioni. Figuriamoci se Schlein o Arturo Scotto si vogliono fotografare al tavolo con Giorgia specie in una cornice psicologica dettata dalla affermazione di Sanchez e dal tonfo de los patriotas, gli amici di Giorgia.
La denuncia del no della maggioranza al salario minimo sarà piuttosto la leva di una campagna politica che si protrarrà nei prossimi mesi in un quadro di ulteriore irrigidimento dei due schieramenti con l’accentuarsi nel Pd di una linea generale radicale, che è poi la cifra della leadership di Schlein e la ragione – spiegano i suoi – della vittoria congressuale (anche se sarebbe da discutere sulla tesi che chi la votò al Congresso volesse una linea più intransigente e non invece una personalità innovativa).
Comunque sia è probabile che più il Pd di Elly radicalizza le posizioni e più la componente di Stefano Bonaccini e soprattutto la parte di queste componente che è meno accomodante con la segretaria (da Lorenzo Guerini a Enzo Amendola) avrà motivi per marcare la sua distinzione. Forte anche del messaggio che a Cesena ha rivolto Romano Prodi, un messaggio sì unitario ma non esattamente benevolo verso la nuova leader, la quale nemmeno si è scomodata ad andarlo a sentire cosa che ha molto irritato il Professore.
Le probabili conseguenze della linea dura del Pd schleinano saranno il muro contro muro con una presidente del Consiglio inseguita dalle difficoltà che su Vox ha preso la sua più grossa cantonata ma probabilmente anche un clima di maggior fermento interno. Se i riformisti più coerenti si svegliano.