Al giorno d’oggi le condizioni di possibilità dei costumi, di un mondo comune, di abitudini condivise, di discussioni strutturate sono ormai compromesse. Lo dimostra il numero crescente di dispute ideologiche, identitarie e morali che fin troppo spesso, anziché studiare le idee, le strumentalizzano. I dibattiti morali che attualmente ci agitano condividono un’intelligenza collettiva. Facendo parte dell’evoluzione generale della società, ne rielaborano i costumi. Occuparsi di questi ultimi significa collocarsi in una comunità in quanto possiede pratiche comuni. Significa adeguarsi al modo con cui ci costituisce, cercando a nostra volta di contribuire alla sua evoluzione.
Interessarsene comporta anche distinguere i costumi dalla questione più generale della politica. I costumi riguardano i rapporti sociali immediati, come l’abbigliamento, il modo di essere, il linguaggio quotidiano… La modernità si è costruita su un’elaborazione di questi codici spesso distintivi, anche se non sempre edificanti. La politica ha invece a che fare con questioni globali mediate da concetti e simboli che tengono conto dell’economia complessa delle relazioni comuni. La prima dunque regola le relazioni grezze che abbiamo gli uni con gli altri negli spazi comuni, la seconda le istituzioni, la legge e l’assetto generale delle relazioni sociali.
Pertanto, non si può subordinare la trattazione dei costumi all’affermazione che tutto è politico. Assimilare costumi e politica significa inevitabilmente, con una certa pigrizia, sussumere la seconda sotto i primi: a quel punto, confuse le due cose, la complessa operazione di elaborazione politica consisterà in qualcosa che pensa solo a relazioni immediate, rischiando di cadere nell’aneddoto, misurando ogni cosa in base a rapporti di forza immediati e strumentalizzando il pensiero all’interno di queste congiunture.
Se tutto è politico, non c’è piú politica, ma ritorsioni immediate, di quelle che oggi si subiscono nel mondo digitale e in forma accelerata. Quando diventano scontri, i nostri dibattiti scadono nel moralismo, nella concitazione e nella disinformazione, e questi eccessi, da sinistra come da destra, concorrono a sviluppare un ambiente nocivo. Con la scusa di farli evolvere, si usano i costumi come un vero e proprio vettore di opposizione. Cosí pervertite, le buone maniere non rappresentano piú un modo abituale e consueto di moderare le comunità, ma una legittimazione che i puristi e gli impostori si arrogano per sferrare i loro attacchi.