RossobrunismiIl Forum dell’indipendenza italiana è il freak show politico di cui (non) avevamo bisogno

Gianni Alemanno e Marco Rizzo partecipano alla stessa conferenza per spiegarci perché dovremmo essere contro la Nato, l’Unione Europea, l’Ucraina, Israele, i vaccini e il green pass. Ma perché non hanno invitato anche Vannacci, Fusaro e Di Battista?

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Per noialtri appassionati del freak show politico c’è un appuntamento assolutamente imperdibile segnato con l’evidenziatore sul calendario: domenica 26 novembre, ore 11, al Midas Hotel di Roma – luogo mitologico: è lì che nel 1976 nacque il Partito socialista italiano di Bettino Craxi –  si terrà l’assemblea di fondazione del cosiddetto “Forum dell’indipendenza italiana”, vale a dire il rossobrunismo prematurato. Con una tavola rotonda di tutto rispetto nella quale si ragionerà su un tema prelibato: «Dai mondi del dissenso all’alternativa politica e sociale». 

Il panel prevede una variegata presenza: c’è Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, da mesi in prima linea per spiegare perché Giorgia Meloni abbia deluso il popolo dei fascisti, c’è Marco Rizzo (non il fumettista, decisamente autorevole, bensì il presidente onorario del Partito Comunista), c’è Francesco Toscano di Italia Sovrana e Popolare, la lista che si batte «contro l’obbligo vaccinale», «contro il green pass», che vuole stare «fuori dal Euro e Unione Europea» ed è pure «contro l’invio delle armi in Ucraina», e c’è pure Fabio Granata, che nella sua ultima versione esistenziale fa l’assessore alla cultura del Comune di Siracusa e si è fatto riconoscere di recente per aver partecipato a un incontro pubblico, insieme ad Alemanno, fortemente anti-israeliano. 

Era prevista tra i relatori Elena Basile (non sapremmo come riassumerla se non con: la nuova tizia che Otto e Mezzo ha deciso di lanciare nell’empireo mediatico), ma poi, viste le polemiche ha ritirato la sua partecipazione. Così come Moni Ovadia, prima nel cartellone e poi ritiratosi, che a Fanpage aveva autorevolmente spiegato perché sarebbe stato insieme ai fasciocomunisti: «Per me l’atlantismo è la nuova forma del fascismo, siamo sottomessi ai diktat degli americani e ai loro desiderata. Anche su il conflitto tra Russia e Ucraina ho espresso chiaramente la mia opinione: è la Nato che ha preparato il conflitto passo dopo passo, lo spiega bene Benjamin Abelow nel suo libro “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina” che ho presentato di recente. L’Europa non esiste oggi, lo so che alla destra e a certa sinistra piace l’Europa dei popoli, a me neanche quella, sono contro il nazionalismo, sono marxista». 

Stupisce l’assenza di Ale Di Battista in un tale consesso, ma evidentemente pure Alemanno conosce il senso del limite. O forse no. «Giorgia Meloni ed Elly Schlein – spiega l’ex sindaco di Roma in un video su X – dicono le stesse cose sulle cose essenziali: sulla guerra, sull’appartenenza alla Nato, sull’appartenenza all’Europa. Dall’altro lato ci dobbiamo essere noi, per cambiare l’Italia, per dare un contributo vero, al di là di quelli che possono essere i vecchi schemi». Oh, eccoci qua. Sono tornati quelli che vogliono andare oltre la sinistra e oltre la destra con quindici anni di ritardo dopo il Movimento 5 stelle. Ma sono tornati pure quelli che dicono di essere così di sinistra da sfondare a destra, che poi sono anche quelli così di destra da sfondare a sinistra. 

Ai tempi del governo giallo-verde, erano così in sintonia con le masse che il sovranismo di sinistra e di destra aveva effettivamente conquistato il Palazzo. Era tutto un furoreggiare contro l’Unione Europea, l’euro, le bbanche (con due b) e il neolibbberismo (con tre b). Erano i tempi in cui la politica economica della Lega la faceva Alberto Bagnai con il suo think tank “Asimmetrie”, con tutto il pacchetto dei No Euro al seguito. Alla fine nemmeno più loro,  i sovranisti di destra, pensano a uscire dall’euro, persino gli economisti leghisti se ne sono fatta una ragione, e quindi oggi c’è un elettorato in libera uscita che nel frattempo ha mollato la Lega, ha provato a farsi bello con Gianluigi Paragone e l’Italexit, e ora potrebbe trovare nella casa del Grande Alemanno una sponda giusta per proiettarsi alle Europee. 

È un caso, ma solo un caso, che poi tutti questi signori siano contro la Nato, contro l’Unione Europea, l’Ucraina, contro Israele, contro il libero mercato, eccetera eccetera (nominate un bastione dell’occidentalismo più strutturato e vedrete che i rossobruni saranno contro, assolutamente contro). 

E chissà che fine ha fatto Diego Fusaro, assente al dibattito, che sul rossobrunismo prematurato ci ha costruito una carriera da agit-prop. Qualche anno fa vergò su Primato Nazionale, la rivista di CasaPound, un elogio di Rizzo, il comunista col turbo, ferocemente contrario alle politiche dell’Italia sull’immigrazione: «La Destra del Danaro deporta africani da sfruttare e con cui abbassare le condizioni generali del lavoro. La Sinistra del Costume, abbandonata la lotta di classe e divenuta docile serva del padronato cosmopolitico, dice con le lacrime agli occhi che bisogna accogliere e aprire i porti. Unica eccezione, nel quadrante sinistro: il comunista Marco Rizzo, a cui va il merito di aver compreso la vera natura di classe dell’immigrazione di massa come arma nelle mani dei dominanti». 

Allora, siamo andati alla fonte: sull’account X di Fusaro, dove non ci sono foto di gattini ma citazioni di Nietzsche e Pasolini buttate un po’ a cazzo, non si menziona la sontuosa iniziativa al Midas. Si dà però conto di un nuovo freschissimo libro appena uscito del nostro supercazzolatore preferito, allievo indipendente di Hegel eccetera: «Al governo dei Paesi occidentali si alternano partiti di destra e di sinistra, eppure nulla sembra cambiare davvero per il popolo e le sue istanze. È ciò che Diego Fusaro chiama alternanza senza alternativa, con le fazioni della vecchia politica “egualmente sussunte sotto l’ordine neoliberale”. Quelli che un tempo erano schieramenti in lotta per due opposte visioni del mondo e dell’agire politico sono ormai le facce intercambiabili della stessa medaglia: l’agenda turbocapitalista». 

Roba che un tempo ci avremmo fatto una rubrica quotidiana, i “Diari di Fusaro”. Ma ora forse, fra filo-putiniani e filo-Hamas, c’è anche passata la voglia di ridere.

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