«C‘è bisogno di restituire agibilità politica a un Paese condannato al populismo di destra e sinistra. Ma c’è il rischio anche di un populismo di centro. Questo rischio noi non vogliamo correrlo». L’ex ministra Elena Bonetti è intervenuta in apertura del secondo giorno de Linkiesta Festival 2023, dialogando con il direttore Christian Rocca. Bonetti, una delle principali rappresentanti di Italia Viva, ha lasciato il partito di Matteo Renzi dopo il cedimento strutturale del Terzo Polo e del partito unitario con Azione. Oggi presiede l’associazione Per, Popolari, europeisti, riformatori, per ricostruire il polo centrista, collaborando con Azione di Carlo Calenda.
Bonetti punta a un «partito unitario nel quale si imponga il metodo della sintesi tra le diverse aree del centro per ottenere una risposta che sia il massimo ottenibile per tutti». Non uno spazio residuale nell’alternanza tra destra e sinistra, ma uno spazio che faccia vincere il «metodo riformista» e quello che Draghi chiamò «spirito repubblicano». Quello che ha portato al Family Act di cui Bonetti è stata ideatrice.
La ex ministra, che si dimise dal governo Conte Due portando poi al governo Draghi, parla di «Patto repubblicano» con una «dimensione unitaria ma plurale nelle anime». Che prevede la collaborazione con gli amministratori, con il mondo del terzo settore, il mondo accademico e quello cattolico.
«Il progetto di cui stiamo parlando è quello per cui abbiamo preso l’otto per cento alle elezioni politiche», ha spiegato Bonetti. «Lì c’era dentro anche Italia Viva, che però oggi si presenta all’elettorato con un progetto diverso con Clemente Mastella, che parte ad esempio forte della commissione Covid che mette sotto la lente la strategia europea dell’approvvigionamento dei vaccini. Questo è stato un elemento di rottura con Renzi». Grande distanza anche sulla posizione in merito al premierato e alle riforme costituzionali.
In vista delle prossime elezioni europee, ha detto Bonetti, «non ci accontentiamo di fare la somma dello zero virgola di uno o dell’altro. Un progetto di un Terzo Polo finto non può rianimare la fiducia dell’elettorato». Ma i lettori capiranno le divisioni e le differenze interne al Terzo Polo? Il rischio è che gli elettori si divideranno tra Azione, Italia Viva e PiùEuropa. E che alla fine non ce la faccia nessuno a superare il quorum di sbarramento per Bruxelles. «Non possiamo tornare dagli elettori dicendo “votate noi, se no vince la sinistra o la destra”. Lo ha già fatto Enrico Letta con il Pd alle scorse elezioni, dicendo che sarebbero arrivati i fascisti. E ha perso. La strada migliore è fare politica con metodo, non attaccando gli altri, ma creando delle proposte credibili. Io sono convinta che mettendoci insieme questa situazione non migliorerebbe».
Parlare di Europa vuol dire guardare anche oltre le elezioni europee. Sull’Ucraina, come si diceva anche ieri durante l’incontro con Matteo Renzi, anche Bonetti percepisce una certa stanchezza comune, quella war fatigue che anestetizza le coscienze con il passare del tempo. «Però l’Italia ha sempre avuto una posizione inequivocabile su questo tema, prima con il governo Draghi, poi con il governo Meloni. L’unico modo per far finire la guerra è che la Russia vada via dall’Ucraina: per questo l’Italia non può permettersi nessun tipo di ambiguità su questo tema. Ambiguità che si intravedono da qualche parte, sia a destra, sia a sinistra, sia al centro».
Parlando delle manifestazioni di piazza per il 25 novembre, ha raggiunto virtualmente il palco del Teatro Parenti anche Carlo Calenda, intervenuto in collegamento video: «Avrebbe partecipato anche la mia famiglia, ma poi abbiamo rinunciato perché la piattaforma è odiosa, irricevibile: questa è una grande occasione perduta, anche se ci saranno tantissime persone in piazza. Perché gli organizzatori strumentalizzeranno questa piattaforma per diffondere temi antioccidentali, l’odio antisemita, invece avrebbe la possibilità di portare finalmente a compimento una rivoluzione nella cultura dei nostri Paesi. E non ha senso portare istanze antioccidentali in una manifestazione femminista, perché il femminismo nasce in Occidente: l’Occidente è la culla in cui questa rivoluzione può essere portata a termine, di certo non in Russia, non in Medio Oriente, non altrove. Qui, perché sappiamo che nessun altro sistema politico nel mondo avrebbe potuto offrire alla rivoluzione femminista una sponda così forte. E di questo siamo orgogliosi».
E proprio l’antisemitismo che si vede in queste settimane nelle piazze si aggancia, secondo Calenda, a una grande pigrizia occidentale. «Una pigrizia che porta a considerare la nostra libertà come una libertà puramente individuale, mai collettiva. Però è solo nella collettività che si può partecipare al progresso della società occidentale. E questa è anche una lezione del Covid: l’idea che la libertà sociale non è una somma di libertà individuali ma una libertà collettiva superiore», dice il leader di Azione.