Dr. Jekyll e Mr. PutinI due volti opposti del patriottismo

In “Madre patria” (Bompiani), Vittorio Emanuele Parsi spiega come la resistenza ucraina contro la sciagurata invasione russa mostri nel modo più evidente il dispiegarsi due concetti diversi, ricondotti allo stesso termine: il nazionalismo sciovinista e imperialista e l’amore verso la propria nazione

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Perché è opportuna proprio adesso una nuova riflessione sulla Patria? La risposta è sotto i nostri occhi. La ascoltiamo e leggiamo nel dibattito politico italiano, in cui, con monotona e devastante inutilità, tornano a scontrarsi in questi primi anni venti del XXI secolo idee identitarie e settarie di Patria e rivendicazioni esclusive di chi dovrebbero essere i veri patrioti. Ma ancora di più lo è nella constatazione che nel mondo intorno a noi, a cominciare dall’Europa e dall’Unione europea, nessuno si illude che il privarsi di questo concetto di identità nazionale costituisca un viatico efficace verso diverse e necessarie sintesi politiche più ampie.

Qualunque cosa rappresenti, qualunque significato vogliamo ascrivere alla parola – che la si ami, la si detesti, ci risulti indifferente o ci commuova – il concetto di Patria è tornato nel lessico della vita e della politica. Spesso brandito come un’arma nei confronti degli avversari, talvolta aggettivato per screditarne l’utilizzo altrui ed esaltarne il proprio, il termine Patria finisce sovente per essere impiegato nell’accezione opposta al suo originario significato: viene infatti usato non per unire, ma per dividere, al limite per consentire a una parte di appropriarsi del tutto. Ma altrettanto spesso la scelta di chi desidera impedire questa appropriazione indebita è quella debole e rinunciataria di negare il valore del concetto di Patria per camuffare la propria incapacità di difenderlo, relegandolo a un vetusto armamentario lessicale ottocentesco.

Eppure l’idea di Patria è ben viva nel dibattito mondiale e rappresenta un formidabile moltiplicatore di energie, abnegazione e spirito di sacrificio: è in grado di creare un senso civico che, in sua assenza, non arriva a compiere quel balzo in avanti, il solo capace di saldare l’esperienza delle comunità in cui ognuno di noi è immerso con le istituzioni che creano e garantiscono le regole del nostro vivere associato. Come è possibile che noi italiani siamo condannanti a restare orfani della nostra Madre Patria solo perché non riusciamo a svoltare e andare oltre l’esperienza che dagli anni venti del XX secolo fino alla fine della Seconda guerra mondiale ha fatto della Patria un ostaggio di politiche vergognose e ci ha costretto a scegliere tra una ignominiosa sconfitta e una ancor più esecrabile vittoria del progetto nazifascista?

Non si tratta di dimenticare né di omologare, ma di far ritornare la nostra Madre Patria dall’esilio in cui la abbiamo confinata per la nostra incapacità di affrontare il dibattito civile e politico in modo leale, senza appropriarci del suo nome in modo partigiano e particolaristico. Oggi più che mai non possiamo restare gli unici orfani in un mondo e in un’Europa in cui nessuno rinnega la propria Patria, e a ragion veduta. Senza un senso della Patria, nessuna idea di riforma delle nostre istituzioni, nessuna rigenerazione della politica, nessuna individuazione di corpi intermedi appropriati per il XXI secolo e nessun processo di sincera, ulteriore e necessaria unificazione europea è percorribile con successo. Perché chiunque voglia affondare uno di questi tentativi non avrà altro da fare che recuperare il proprio strumentale simulacro di Patria, per riuscire nel suo intento. Una selva di idoli protagonisti cia- scuno di un monoteismo intollerante è sempre a disposizione e pronta per essere scagliata contro l’idea pluralistica, inclu- siva, accogliente, duttile e cangiante di Madre Patria di cui abbiamo bisogno.

La tremenda guerra imposta dalla Russia al popolo ucraino ci ha mostrato i due volti della Patria e del patriottismo. Quello malevolo e arcigno, aggressivo e violento, che pone la propria Patria al di sopra di qualunque criterio di giustizia e umanità, perfettamente analogo a quello della Germania nazista e dell’Italia fascista, incarnato dalla Russia di Vladimir Putin. E quello che evoca echi risorgimentali e resistenziali, rappresentato plasticamente da tutto il popolo dell’Ucraina guidato da Volodymyr Zelensky. Da Mosca come da Kyjiv la Patria è stata continuamente evocata, eppure non deve sfuggire che dietro la stessa parola si nascondono due concezioni ben diverse: quella del nazionalismo sciovinista e imperialista e quella più irenica ma non imbelle del patriottismo.

Non è casuale, e neppure è un mero omaggio all’attualità, la scelta di tornare lì, a questa guerra ancora in corso, nella quale l’uso del concetto di Patria ha toccato i vertici dell’eroismo e gli abissi dell’abominio, per sottolineare come in ogni Dr. Jekyll possa celarsi la natura di un Mr. Hyde. Come nel romanzo di Robert Louis Stevenson l’ambizione può portare una persona benevola e rispettabile a trasformarsi in un mostro, così in politica un concetto di per sé inclusivo e positivo può farsi strumento al servizio dei peggiori deliri di sopraffazione. 

Da “Madre patria” di Vittorio Emanuele Parsi, Bompiani, 192 pagine, 17 euro

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