Il male minoreLa vittoria di Wilders rafforza Salvini e mette Meloni davanti a un bivio in Europa

La presidente del Consiglio a Bruxelles dovrà accodarsi a una nuova maggioranza di centrosinistra oppure restare fuori dalla stanza delle decisioni importanti

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La logica vorrebbe che l’esito delle elezioni olandesi sia una buona notizia per Giorgia Meloni. Ma la logica politica spesso non ha nulla a che fare con la ragione. La maggior parte delle volte è un interesse di parte e, in questo caso, proprio di partito. Il boom elettorale del sovranista Geert Wilders infatti è una cattiva notizia per la presidente del Consiglio, non rientra nei suoi piani europei. Anzi, va in senso inverso.

Ringalluzzisce il leader leghista. Non a caso è il primo a congratularsi con l’olandese, un vero anti-italiano. Freddo Fratelli d’Italia, preoccupata Forza Italia per le posizioni anti-europeiste e xenofobe dell’esponente dell’ultradestra dei Paesi Bassi.

Il Mozart (questo il suo soprannome) dalla chioma biondo platino non fa parte del gruppo dei Conservatori: è nelle file di Identità e Democrazia in cui a fare la parte del leone e della leonessa sono Matteo Salvini e Marine Le Pen. Sarà il leader del Partito per la Libertà l’ospite d’onore e acclamato il 3 dicembre a Firenze alla manifestazione dei sovranisti voluta dal capo del Carroccio. Dalla Fortezza partirà con un bel po’ d’anticipo la campagna elettorale per le europee.

Ecco, se il ritorno di fiamma nazionalista e rigorista sarà forte, se l’onda anti-immigrati e anti-islamici si alzerà alta, a Meloni salterà il suo piano: non avrà più tutte le carte per fare il suo ingresso trionfale a Palazzo Berlaymont. Peggio. Si troverà nell’imbarazzante situazione di dover sostenere Ursula von der Leyen insieme ai Socialisti.

Non può sperare in una maggioranza alternativa a quella attuale. Una maggioranza alternativa che sarebbe quella di centrodestra nella quale imbarcare Salvini, Le Pen, Wilders, Alice Wiedel di Alternative für Deutschland e altri estremisti fascistoidi, che Dio ci scansi e liberi.

Tanto per capire di cosa stiamo parlando e rimanere all’olandese vittorioso, che visto da vicino sembra uscito da un museo delle cere. Questo signore che potrebbe contribuire a formare la nuova maggioranza europea e sedere come premier al Consiglio Ue, ha delle posizioni dannosissime per l’Italia sotto tutti i punti di vista. Dal sostegno all’Ucraina (Wilders è contrario) al Patto di Stabilità con un ulteriore irrigidimento dei Paesi Bassi, al Next Generation EU. Memorabile Wilders nel 2020 all’Aia con il cartello «Nemmeno un centesimo all’Italia». Auguri. Questi i compagni di viaggio che Salvini vuole portare sul transatlantico europeo, forze politiche da fare impallidire le politiche anti-immigrazione di Meloni.

Brutte notizie dall’Europa per la premier. Salvini è ringalluzzito, forte del suo messaggio «mai con i socialisti» che lancerà forte dalla Fortezza di Firenze, con accanto anche madame Le Pen in crescita nei sondaggi francesi.

Alla presidente del Consiglio tra l’altro è venuta meno la sponda forte degli amici polacchi. Mateusz Morawiecki non siederà più nel Consiglio europeo, dove si prendono le vere decisioni. E senza il potere del governo, il PiS non farà un grande risultato alle europee. Con Vox uscito sconfitto alle ultime elezioni spagnole, i Conservatori guidati da Meloni potrebbero arrivare all’appuntamento di giugno dissanguati. La presidente del Consiglio dovrà accodarsi a una nuova maggioranza di centrosinistra oppure restare fuori dalla stanza dove si prendono le decisioni importanti.

Le cattive notizie poi camminano sempre insieme. Non sembra che sia andata così bene la trasferta di mercoledì a Berlino. Per meglio dire, il vertice intergovernativo italo-tedesco, le cui fondamenta risalgono a Mario Draghi, è andato alla grande. Sono stati sottoscritti i dossier comuni. Grande consonanza sulla politica estera, a cominciare dall’Ucraina, e soprattutto sul versante energetico. Poi però Meloni e Scholz si sono parlati senza le due folte delegazioni nazionali e hanno affrontato lo spinoso dossier della riforma Patto di stabilità.

A raccontare questo retroscena non sono i giornali critici e di sinistra ma Il Giornale di Alessandro Sallusti, uno dei quotidiani più vicini a Palazzo Chigi. La percezione di chi era presente agli incontri, ha scritto Adalberto Signore, «è quella di essersi trovati davanti a un muro, un’immagine che a Berlino è piuttosto evocativa. Scholz, infatti, non avrebbe concesso nulla o quasi. E sarebbe stato molto rigido sul rientro di debito (quello italiano è al centoquaranta per cento del Pil, quello tedesco al sessantasei per cento) e deficit (che secondo Berlino dovremmo tenere sotto il tre per cento). La Germania, è il senso del ragionamento del Cancelliere tedesco, i suoi sacrifici li ha già fatti».

Meloni ha ribadito che «l’Italia firmerà solo un Patto di stabilità che protegge i suoi investimenti». La richiesta italiana è di escludere dai vincoli europei quelli verdi, le spese della transizione energetica.

Alla fine magari ci sarà un’intesa e il governo finalmente firmerà il Meccanismo europeo di stabilità, ma se ne parlerà a dicembre. La trattativa è in salita, è durissima. Per Roma la riforma della governance europea vale tutto: potrebbe prevedere, per rientrare nei nuovi parametri di riduzione del deficit e del debito, tagli di quindici miliardi all’anno. Meloni si troverebbe già in campagna elettorale per le europee con questo macigno sulla tesa, con una manovra correttiva da fare in primavera e un giudizio europeo sulla legge di Bilancio. Giudizio che arriverà sempre in quel periodo. Bruxelles non ha bocciato la manovra finanziaria, ma rimandata proprio alla primavera per monitorare l’evoluzione della spesa primaria.

Si prevede che il centrodestra possa governare tutta le legislatura, ma la volubilità degli elettori in questi ultimi dieci anni è il mostro in agguato. Quanto potrà durare il mantra «realizzeremo il programma elettorale», ma ci servono cinque anni. Anzi, hanno cominciato a dire Salvini e Meloni, ci servono dieci anni, due legislature. Propaganda. Se dovranno essere fatti tagli alla spesa primaria, soprattutto a colpi di quindici miliardi all’anno, quanto potrà durare la pazienza dei patrioti, soprattutto dei patrioti interessati solo alle tasse, alle sanatorie, insomma esclusivamente al portafoglio?

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