Un interessante articolo del Guardian che sintetizza alcuni studi sulle percezioni dell’elettorato europeo in occasione delle prossime elezioni europee riapre la discussione, peraltro mai interrotta, sulla definizione di destra e sinistra e se ha ancora senso la distinzione ideologica che ancora per comodità usiamo. In realtà l’articolo conferma una tendenza ormai definita, la progressiva scomparsa delle appartenenze ideologiche basate su schemi del Novecento (quando non addirittura dell’Ottocento). L’elettorato non si appassiona più a progetti o visioni escatologiche e non sente più il richiamo di slogan, anche il vecchio schema populisti contro europeisti sembra superato, le grandi crisi che stanno travagliando il mondo si ripercuotono pesantemente sulla popolazione europea spingendola verso un pragmatismo nelle scelte.
Le gravi crisi che creano una frattura e una conseguente scelta sono: il riscaldamento globale, la turbolenza economica, le migrazioni, la sanità a seguito della pandemia, le guerre (l’analisi prende in considerazione la sola guerra in Ucraina, ma non c’è dubbio sulla capacità di impatto della guerra in Medio Oriente). Queste crisi creano una spinta verso quello che viene definito spirito di sopravvivenza, per i più giovani in relazione alla crisi climatica e nei più anziani in relazione alle migrazioni, in questo senso nuove forze si affiancano a quelle tradizionali, a destra fortemente anti immigrati, a sinistra fortemente ecologiste, forze che tendono a scalzare o a penetrare le vecchie formazioni di destra e sinistra, mettendone in discussione i vecchi paradigmi e facendole entrare in crisi, mentre gli schieramenti relativi alle guerre in corso tagliano trasversalmente le forze tradizionali di destra e sinistra mettendo in piedi un forte corto circuito interno.
Le turbolenze economiche hanno un forte impatto e non si misurano più con modelli ideali di società, ma con richieste di soluzioni pratiche. Da questo punto di vista il discorso su Europa si o Europa no diventa secondario, tuttalpiù si tende a europeizzare i problemi portandoli da un livello nazionale a un livello europeo.
Se vogliamo analizzare come questo schema è tradotto in casa nostra vediamo che c’è una conferma nell’estrema volatilità del voto e a una certa insofferenza per la politica in generale, considerata incapace nella sua globalità di risposte concrete. Un altro elemento che si riscontra è una assoluta trasversalità di posizioni su un elemento da tutti considerato fondamentale: la posizioni sulle guerre in corso, vediamo infatti come i partiti tradizionali al di là delle posizioni ufficiali siano divisi al proprio interno, divisione che si riscontra anche nel proprio elettorato e che causa spesso ambiguità.
C’è quindi una conferma di due elementi; la estrema magmaticità della situazione e la insofferenza per divisioni ideologiche di vecchio stampo, si conferma quindi la necessità per i partiti di rielaborare il proprio approccio ai problemi. Lo studio evidenza anche una differenza di percezione dei problemi tra paesi del Nord Europa e Paesi del Sud Europa, più attenti alle questioni climatiche e di guerra i primi, più attenti alle questioni migratorie ed economiche i secondi, ma anche questo depone per una visione pragmatica della realtà essendo i paesi del sud più colpiti nell’immediato dalle vicende migratorie, mentre la frequenza degli eventi climatici estremi colpisce più il nord Europa.
Se si può trovare un limite a questa analisi è che tende a rendere ininfluente ogni questione ideologica, mentre sappiamo benissimo che molte scelte sono influenzate, in modo particolare nelle giovani generazione da ideologie che, pur estranee alle grandi correnti ideologiche dell’Ottocento e del Novecento, influenzano atteggiamenti e scelte. In particolare una forte deriva anti liberale che si nutre di politically correct e di cultura woke criminalizza il mondo occidentale e il suo sviluppo basato sul capitalismo e questo non è ininfluente nelle scelte di una parte dell’elettorato.
Questa influenza si sente fortemente nell’atteggiamento nei confronti dei conflitti in corso, con le giovani generazioni pronte a schierarsi comunque contro chi rappresenta i valori occidentali, considerati appunto dei disvalori e le generazioni più anziane più disposte a spendersi per valori che considerano essenziali per la propria libertà. La necessità più urgente è quindi essere capaci di individuare posizioni pur pragmatiche, ma che ricostruiscano la fiducia nelle capacità di un sistema liberale di auto correggere i propri errori, in una società che sappia tenere insieme meriti, bisogni, con un nuovo modello di welfare o workfare e che sappia essere anche un modello di crescita felice.