Un lungo viale alberato, di quelli dove sfrecciare un pomeriggio di luglio, approfittando della brezza frizzante dopo un temporale, in compagnia di una cara amica che non si vedeva da tempo. Direzione Tresigallo, la città della metafisica. La radio in sottofondo suona per conto suo. Snodandosi per la campagna verso est, la strada Rossonia in una mezz’oretta d’auto conduce in una cittadina sperduta di circa 3.500 anime, perla del razionalismo italiano. Di fronte al parcheggio di via del Lavoro la torretta del supermercato Alí ricalca le geometrie del vecchio zuccherificio Sada che svettava un tempo al suo posto.
In piazza Italia qualche ragazzino gioca in bicicletta nel parcheggio; sotto il porticato della Chiesa di Sant’Apollinare gli anziani consumano il pomeriggio svagandosi con una partita a carte. Le lambrette filano in lontananza. Passeggiando siamo colti da una piacevole sensazione di aria, spazio e armonia. Ci svelano che l’effetto è voluto, studiato a tavolino. Qui tutti gli immobili a uso pubblico e la pianta delle strade sono costruiti seguendo la proporzione aurea. Quando le strade si intersecano gli immobili civili perdono gli angoli. Allenando gli occhi al gioco delle proporzioni ci si rende conto di quanto il numero divino (1,618) sia onnipresente.
Piazza della Repubblica ha la forma di un anfiteatro romano dove si celebrano il vecchio e il nuovo impero impersonificato da 4 antilopi (le 4 colonie: Libia, Etiopia, Eritrea e Somalia) che sovrastano la fontana centrale dal basamento in travertino romano. Basta lasciarsi trasportare dalla storia per immaginare due file ordinate di pini marittimi, pianta sacra agli dei, che circondavano la piazza e gli edifici – oggi color salmone spento – tinti di un vigoroso rosso pompeiano come alla fine degli anni Trenta.
Questo viaggio alla riscoperta della classicità è il sogno di un uomo, Edmondo Rossoni. Nato nel 1884, figlio di un umile spondino tresigallese, diviene attivista del partito socialista nei primi anni del Novecento e subisce le prime condanne per associazione eversiva che lo costringono in esilio a Nizza, in Brasile, a New York. È a lui che si deve la contrattazione collettiva dei contratti e nel 1927 la famosa “Carta del Lavoro”, con l’obiettivo di eliminare la contrapposizione classista tra datori di lavoro e lavoratori.
Poi sopraggiunge la volontà di rifondazione del suo piccolo borgo, abitato fino a fine Ottocento da braccianti agricoli che solevano devolvere la totalità dei loro introiti a grandi padroni latifondisti. Tresigallo si distingue però da altre città di fondazione italiane quali Latina, Pomezia o Guidonia, pensate come sistema di trasferimento della popolazione che da una zona densamente popolata veniva dirottata verso zone ignote, con immense distese di terra da lavorare. Rossoni intende innescare sul territorio esistente un motore che cambierà le sorti degli individui, innalzandoli con un percorso di trasmutazione dalla fabbrica verso il cimitero, senza sradicarli dalle proprie origini.
È la storia di una città utopica voluta da un personaggio visionario che la fa erigere in una manciata di anni. Dal 1935 si circonda di amici fidati e professionisti di talento, coordinati dall’ingegnere Carlo Fridi, capo progetto della città metafisica e dal macellaio tresigallese Luigi Mariani che gestisce le negoziazioni con gli imprenditori locali. Capitali privati e società anonime, tra cui forse anche la Chiesa, partecipano al finanziamento della cittadina costruendo lotti di case. In cambio Rossoni, in qualità di Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste, apre appalti in Libia o Etiopia per gli stessi imprenditori che si aggiudicano grossi progetti per la realizzazione di infrastrutture. In men che non si dica il sogno di Rossoni prende piede.
Tresigallo diviene un polo industriale all’avanguardia con tanto di zuccherificio, cartiera, una fabbrica per macchinari agricoli e un caseificio dove oltre a prodotti latticini si produce il Lanital (filato tessile derivato dal caglio del latte utilizzato per realizzare vestiti per bambini nati prematuri o per feriti ustionati). In questa città utopica anche le donne hanno un ruolo: non sono destinate a fare le casalinghe bensì a contribuire all’economia cittadina, lavorando su se stesse e acquisendo competenze per smarcarsi dall’ignoranza. La via Verdi si dota di una OMNI (Opera Nazionale Maternità ed Infanzia) potenziata dalla presenza di un pediatra, di un otorino e di un ginecologo.
Di fronte, un immobile quasi gemello: la casa del ricamo e del merletto era un prototipo di istituto professionale femminile per ragazze madri, vedove e signorine di buona famiglia che imparavano a fare le sarte o modiste. Secondo Rossoni insomma il lavoro innesca il cambiamento, il bracciante stagionale si eleva fino a incontrarsi con i nuovi datori di lavoro. Tutti sono richiamati al percorso verso il paradiso, ossia il cimitero, che intravediamo in lontananza dalla piazza della Repubblica. Quando la polizia fascista viene a conoscenza di un tale progetto utopico finanziato privatamente, Rossoni si giustifica affermando di aver apportato delle semplici migliorie all’esistente borgo medievale, omettendo però il suo scopo ultimo: fare di Tresigallo un esempio per sovrastare la politica sociale fascista delle città di fondazione. Nel 1939, con la destituzione di Rossoni dal ruolo di ministro, il sogno della città utopica si frena bruscamente ma la florida attività industriale prosegue anche dopo la guerra per raggiungere l’apice negli anni Cinquanta con il boom economico, fino alla crisi dello zucchero, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Un decor un po’ trasandato. Le strade apparentemente deserte perché progettate per molti più degli abitanti attuali (13.500 contro i 3.500 attuali) e le facciate dall’intonaco scrostato degli edifici (molti dei quali sono in vendita) oggi fungono da set utopico per film, shooting pubblicitari, operazioni commerciali. Il resto del tempo si aspetta. Forse un piano regolatore che ne risollevi le sorti. Tredici anni fa cinque ventenni originari del posto si sono interrogati sul perché, tagliente e pulita, l’architettura tresigallese si distinguesse così tanto rispetto a quella dei paesi limitrofi.
Studiando e scavando, si sono appassionati alla storia di Tresigallo tanto da costituire “Tresigallo La Città Metafisica”, un’associazione e marchio depositato che nutrono del proprio savoir-faire di storici, esperti di marketing, architetti. L’ente protegge e promuove il patrimonio storico locale tramite conferenze, e visite guidate ad hoc per fotografi professionisti, storici, architetti, studenti o semplici curiosi, spesso anche provenienti dall’estero. Negli anni i dediti narratori storici – guai a definirli guide – sono cresciuti specializzandosi e hanno federato una comunità che durante le Giornate della Metafisica, in settembre, coinvolge fino a sessanta volontari esperti.
Tutti si indignano per l’abbattimento del ponte del volano e si battono per preservare la torretta del gasometro, landmark locale indiscusso. Anche Marco Merighelli si risente del recente abbattimento del ponte rossoniano, errore della storia dei nostri giorni. Professore alle scuole medie alla fine degli anni Settanta nella vicina Massa Fiscaglia, cade sotto il fascino di Tresigallo e di Edmondo Rossoni (che muore a Roma nel 1965, scampando la condanna a morte grazie – anche – alla protezione del clero). L’autore ci confida di aver investito i suoi risparmi in due proprietà a Tresigallo dove si reca da Ferrara per un gelato pomeridiano in cerca di refrigerio nei lunghi pomeriggi estivi. È qui che ha raccolto materiale in abbondanza per girare un docufilm su una lambretta del ’53 e pubblicare un libro intitolato Tresigallo, la città di Edmondo Rossoni.
Vivo, capito e vissuto dagli abitanti, il Teatro ’900 era fondamentale a Tresigallo. Uno strumento per educare in massa la popolazione: il costo dei biglietti era scalato dalle buste paga degli operai. All’ingresso, troneggia fiera una monumentale macchina da proiezione, la stessa utilizzata in Nuovo Cinema Paradiso. Varcando la soglia lo sguardo cade sulla foto d’epoca di un portapizze che trasportava le grandi bobine, accanto c’è un ritratto del cineoperatore del paese. Forse a causa del caldo, l’atmosfera si fa ovattata, basta un niente e ci sentiamo proiettati a Giancaldo, paesino immaginario scaturito dalla mente del regista siciliano Giuseppe Tornatore.
Ad accoglierci e riportarci nel basso ferrarese è Maurizio, consigliere della cooperativa che gestisce il teatro. Suo nonno ha partecipato alla costruzione, suo padre e i fratelli ci hanno lavorato. Con gli occhi che luccicano, Maurizio ricorda di quando, al momento della ristrutturazione, ha ritrovato una buca dell’acqua di 3 metri di diametro sotto il palco: «I pali in legno che sostenevano il palcoscenico erano tutti sudati, così è stata chiusa; qui da noi si dice: l’acqua la marza i pal*». (* l’acqua guasta il legno). Secondo questa tecnica di costruzione pitagorica le onde sonore si propagano in maniera omogenea su uno specchio d’acqua. Il melomane Rossoni – non finirà mai di stupirci – aveva immaginato la sala come una grande cassa armonica pitagorica. Recentemente riscoperta e ristrutturata, la location ha ricevuto gli elogi per l’acustica eccelsa da Michael Seberich.
Il grande fonico della classica si trovava nel Teatro ’900 lo scorso marzo, in occasione della registrazione dell’ultimo album del pianista Leone Magiera (anche maestro di canto di Luciano Pavarotti) e ha posizionato un pianoforte Bernstein dove originariamente si trovava la buca dell’acqua. La registrazione dell’album di un noto violoncellista è già prevista per i prossimi mesi… Oltre a meta turistica del razionalismo italiano, Tresigallo ambisce a diventare punto logistico musicale internazionale. In questo luogo senza tempo, dal potenziale enorme, rinato con la volontà di opporsi alla politica sociale fascista, si sta innescando un altro motore che giorno dopo giorno continuerà, ce lo auguriamo, a regalare scoperte inaspettate.