Supermercato Prisma, sede universitaria distaccata di Kauhajoki, Scuola superiore di Jokela. A questi luoghi ora se ne aggiunge uno nuovo, destinato a rimanere nell’immaginario collettivo finlandese forse in maniera ancora più incisiva rispetto ai precedenti, se non altro per la giovanissima età del responsabile e della sua vittima: Scuola Elementare Viertola, a Vantaa, poco lontano da Helsinki. Quella di cui si è reso protagonista un dodicenne che ha sequestrato la pistola di famiglia per fare fuoco su alcuni compagni di classe e uccidere un coetaneo durante una lezione, è l’ennesimo racconto dell’orrore da un paese che solo poche settimane fa è stato definito il più felice del mondo. Come è possibile che in Finlandia ci siano così tante stragi di massa dovute alle armi da fuoco, soprattutto in rapporto ai suoi cinque milioni e mezzo di abitanti?
Il dibattito sull’accessibilità nell’acquisto delle armi da fuoco è automaticamente associato, non a torto, all’ormai quasi ripetitiva questione americana sull’interpretazione del secondo emendamento della Costituzione, ratificato nel 1791. Ma se la questione statunitense è vecchia di oltre due secoli ed è particolarmente complessa a causa della diversa giurisdizione fra gli stati e la polarizzazione politica che ne deriva, il possesso di armi in Finlandia (secondo questo articolo della canadese CBC, il quarto al mondo e secondo in Europa) e la relativa frequenza di sparatorie in luoghi pubblici sono un fenomeno destinato ad animare ancora il dibattito sia ad Helsinki che nel resto del continente.
Il giornalista Tommy Westerlund, del quotidiano della minoranza svedese Hufvudstadsbladet, ci aiuta a comprendere gli effetti che potrà avere questo episodio: «Premesso che è difficile sapere cosa accadrà esattamente, perché la polizia ha detto molto poco su ciò che esattamente è successo in quella scuola, credo che la discussione pubblica si concentrerà sulla regolamentazione del possesso di armi da fuoco, nonostante ci sia già stato un inasprimento delle restrizioni qualche anno fa».
Il sito del ministero degli Interni finlandese specifica che la massiccia presenza di armi da fuoco fra i civili locali è dovuta alla diffusione della caccia e al collezionismo. La legge sul possesso di armi risale al 1998, ma è stata più volte modificata nel corso dello scorso decennio, introducendo limiti al possesso di armi proprio in virtù del dibattito causato dalle numerose stragi, la più tragica a Kauhajoki nel 2008, presso la sede distaccata dell’Università di Seinäjoki, dove uno studente ventiduenne fece fuoco uccidendo nove studenti (di cui otto donne) e un insegnante in un’aula dove si stava tenendo un esame, per poi dare fuoco ai locali e suicidarsi. Il giovane aveva manifestato problemi psichici, aveva una dipendenza da alcol ed era stato espulso dall’esercito durante il servizio militare per uso improprio della pistola di servizio.
La normativa più stringente, che impone una serie di controlli da parte della Polizia, richiede fra le altre cose una maggiore attenzione alla salute mentale di chi è in possesso di una licenza o chi ne fa richiesta e regolamenta le modalità di conservazione delle armi. Tuttavia, non esistono limitazioni alla natura delle armi da fuoco. Stando a quanto si è verificato dopo la strage di Kauhajoki, l’implementazione di queste restrizioni ha funzionato, perché gli ultimi eventi legati all’uso di armi da fuoco in un luogo pubblico risalgono al 2012, mentre un attacco avvenuto a Kuopio nel 2019, in cui è morta una studentessa ucraina in un campus universitario, è stato compiuto con un coltello (il responsabile aveva con sé anche una pistola ad aria compressa).
Sebbene siano ancora da chiarire alcuni dettagli della strage di Vantaa, sembrerebbe che il dodicenne abbia rubato la pistola da un componente della sua famiglia, una circostanza che, se confermata, rappresenterebbe una responsabilità da parte di chi deteneva la licenza e non è stato in grado di impedire l’utilizzo della pistola. «Ci sono numerose armi in Finlandia, soprattutto se comparate con gli altri paesi del Nord Europa, ma ciò che contribuisce a rendere ancora più scioccante la situazione è l’età del sospettato», spiega Westerlund. «È inconcepibile che un bambino che frequenta le scuole elementari compia qualcosa di simile contro i suoi compagni. Questo contribuirà probabilmente a un altro dibattito dove si chiederà una maggiore attenzione alla salute degli studenti attraverso psicologi scolastici, affrontando anche la scarsità di risorse a disposizione delle scuole».
Quattro ore dopo la sparatoria, avvenuta alle nove del mattino ora finlandese, la polizia ha indetto una conferenza stampa in inglese per gli inviati esteri: durante questa, si è ribadito che, a causa della giovane età del responsabile, verrà aperta un’inchiesta al termine della quale questi non potrà essere incriminato. Il dodicenne sarà preso in carico dai servizi sociali ed è possibile che venga separato dalla sua famiglia. L’età minima per essere incriminati penalmente, in Finlandia, è di quindici anni e, dal 1980 a oggi, dieci bambini sono stati oggetto di un’indagine per omicidio nel paese.
Da tempo, la questione dell’età minima per essere considerati responsabili di un crimine è oggetto di dibattito politico, nello specifico in riferimento al contrasto al crimine organizzato. A preoccupare Westerlund, però, è un altro fattore. «È possibile che si analizzi in che modo i tagli imposti dal governo influenzeranno i gruppi di persone più vulnerabili all’interno della società finlandese» continua l’editorialista dell’Hufvudstadsbladet. E conclude: «Non mi stupirei se il dibattito dovesse concentrarsi anche su come le famiglie più povere saranno colpite da questi tagli, dato che saranno le più esposte al rischio di miseria sociale».
Momenti di tensione ci sono stati anche nel vicino quartiere di Helsingin: un sedicenne, che era sceso dall’autobus per recarsi in una scuola superiore non lontano dal luogo della sparatoria, è stato erroneamente identificato come il responsabile e le sue foto sono state condivise più volte sui social media, nel tentativo di dare un volto al carnefice. Come se non ci fossero già sufficienti motivi per preoccuparsi della salute mentale dei giovani.