Un accordo controverso, la Conferenza episcopale italiana contraria, l’Unhcr a favore, il partito di Giorgia Meloni a favore, la Lega contraria proprio come Partito democratico e Movimento cinque stelle, un’armata Brancaleone, spaccata anche la maggioranza che sostiene Ursula von der Leyen, feroce l’ungherese Viktor Orbán: «Il Migration Act è un chiodo sulla bara dell’Unione europea». Apertura e chiusure: identificazione completa anche dei piccoli migranti, procedure accelerate di frontiera per i migranti provenienti da Paesi sicuri, meccanismo di solidarietà obbligatoria ai Paesi di primo approdo. Questo è il nocciolo dell’accordo. Più complicato individuare la cornice nella quale il patto si muove proprio perché manca un’idea su ciò che l’Europa dovrebbe diventare per occupare uno spazio di autorevolezza politica nel mondo in trasformazione.
La strada possibile è stata indicata secoli fa da Virgilio nell’Eneide, nella rievocazione di un tempo oscurato da guerre e devastazioni e punteggiato da migrazioni di popoli in fuga o in viaggio dall’oriente europeo fino alle coste del nostro Mediterraneo. Il poema evolve lungo due temi centrali. Il primo: il patto tra Troiani e Latini destinato a incidere profondamente nella storia dell’Occidente. Lo scontro vede vincitori i Troiani ma, a differenza di quanto avviene nelle guerre tradizionali tra greci o tra greci e persiani, la conclusione è un patto, una pace che legherà per sempre due popoli, la profezia di Anchise dall’Ade.
La Roma invincibile, imperiale, nasce da lì, dall’incontro tra genti con radici e identità diverse, in conflitto, che si stringono volontariamente in un «foedus». Saranno i vincitori ad adottare la lingua dei vinti. Il secondo: l’incontro con la diversità spalanca orizzonti e fonda un ordine nuovo. A differenza del mondo greco – chiuso, dove contano il sangue, la stirpe – l’universo romano è aperto alla contaminazione, è accogliente, tollerante verso ogni religione, una cittadinanza non fondata sul sangue. Un’autentica rivoluzione. Il passato genera un futuro diverso, è attraverso il cambiamento che si salvano le identità e la tradizione.
Gli Stati Uniti d’Europa di cui parlava Filippo Turati un secolo fa, piaccia o non piaccia, sono il nostro destino, l’unico possibile se vogliamo andare incontro alla storia, in braccio al futuro senza essere ruote di scorta in un assetto geopolitico che, accanto alla sfida tra Stati Uniti e Cina, annovera ormai più di una potenza regionale pronta a giocare in proprio nello scacchiere mondiale.