Primo approdoIl prossimo Parlamento Ue dovrà rendere obbligatoria la modifica del Patto sulle migrazioni

Il Movimento europeo chiede una revisione nel 2027 del nuovo accordo per gestire le politiche migratore. Questa revisione dovrebbe essere preliminarmente sottoposta a una forma di una democrazia deliberativa simile a quella adottata nella Conferenza sul futuro dell’Europa

LaPresse

Nella sua penultima sessione plenaria prima della fine della legislatura, che si svolgerà il 10 aprile a Bruxelles, il Parlamento europeo sarà chiamato a votare sul progetto di compromesso raggiunto il 20 dicembre nel trilogo interistituzionale fra la delegazione parlamentare, la presidenza spagnola del Consiglio e la Commissione europea sulla revisione delle regole europee che riguardano le politiche migratorie e l’asilo, più genericamente conosciute come “accordi di Dublino”.

Nonostante il trionfalismo con cui è stato accolto il compromesso che chiude quasi dieci anni di proposte, negoziati, passi in avanti e passi indietro (mentre i flussi migratori e il numero dei richiedenti asilo sono andati progressivamente crescendo), la natura degli accordi di Dublino non è cambiata: i Paesi di prima accoglienza continueranno ad essere responsabili delle procedure di controllo delle frontiere e di ospitalità (provvisoria). Il principio della ricollocazione obbligatoria fra tutti i Paesi dell’Unione europea, dunque della solidarietà insieme all’equa condivisione delle responsabilità regolate dall’art. 80 DEL Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), è stato ignorato. I Paesi che decidono unilateralmente di non applicare questo principio saranno chiamati a contribuire al finanziamento di un fondo le cui risorse non saranno cedute ai Paesi di prima accoglienza, ma saranno utilizzate per rafforzare i controlli alle frontiere esterne dell’Unione europea. I centri di accoglienza, e cioè di detenzione al di fuori dell’Unione europea, saranno aumentati anche attraverso accordi bilaterali di rimpatrio o rimpatri senza accordi.

Al di là degli accordi raggiunti sui cinque dossier legislativi che costituivano il pacchetto delle proposte presentate dalla Commissione nel 2020 è necessario sottolineare che non c’è nessun impegno per un piano globale di cooperazione con l’Africa. Anzi, la Commissione continuerà ad agire bilateralmente con i Paesi di quel continente aumentando così le conflittualità interstatuali come sta avvenendo sulle materie prime fra Repubblica Democratica del Congo ed il Ruanda. Gli Stati membri continueranno ad agire in ordine sparso a cominciare dalla vendita delle armi a Paesi terzi e dal sostegno alle multinazionali che perpetuano l’espropriazione delle terre ed i disastri ambientali. Così il ruolo di partner globale geopolitico ed economico di quel continente, dal Mediterraneo al Sud Africa, viene lasciato alla Russia (che riunirà i vecchi e nuovi autocrati africani nel prossimo mese di giugno come aveva fatto un anno fa a San Pietroburgo) e alla Cina (che farà la parte del leone al prossimo G20 sotto presidenza del Sud Africa).

Nessun impegno è stato preso per sostenere le organizzazioni non governative che agiscono in Africa o nel Mediterraneo affinché siano rispettate la Convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati, la Convenzione internazionale di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea con particolare riferimento agli articoli 18 (diritto di asilo) e 19 (protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione).

Nulla si dice per creare dei corridoi umanitari e lavorativi verso l’Europa al fine di facilitare nello stesso tempo i migranti e i richiedenti asilo a integrarsi nelle nostre società e aiutare le economie europee colpite dalla decrescita demografica e dall’invecchiamento. Inoltre, nulla si dice per tener conto delle conseguenze delle politiche migratorie in vista dei futuri allargamenti dell’Unione europea ai Paesi candidati all’adesione.

Malgrado l’allarme lanciato da oltre cinquanta organizzazioni non governative, che il Movimento europeo sottoscrive e sostiene, è molto probabile che la maggioranza dei parlamentari del Ppe, di S&D e di Renew Europe voterà a favore dell’accordo del 20 dicembre e che sarà così raggiunta la maggioranza assoluta di 353 deputati. Noi chiediamo tuttavia che il voto legislativo sull’accordo del 20 dicembre sia seguito da una risoluzione politica che renda obbligatoria una revisione del nuovo Patto sulle migrazioni e l’asilo nel 2027, cioè a metà legislatura, a partire dai problemi indicati qui sopra.

La revisione deve avvenire sulla base di una proposta del Parlamento europeo, fondata sull’articolo 225 del Trattato sul funzionamento dell’Ue anche in vista della modifica degli articoli 77-80 Tfue, rivolta di comune accordo con il Comitato Economico e Sociale e il Comitato delle Regioni alla Commissione europea e al Consiglio. Essa dovrebbe essere sottoposta preliminarmente nel 2026 a una Conferenza, sotto forma di una democrazia deliberativa simile a quella adottata nella Conferenza sul futuro dell’Europa, che coinvolga panel di cittadini europei, rappresentanti delle organizzazioni non governative, del mondo del lavoro e della produzione insieme a osservatori dei Paesi candidati.

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