Quando Tetyana Teren, la direttrice del Pen Ukraine, mi ha proposto di partecipare al viaggio di volontariato nella regione di Poltava, le ho risposto subito di sì senza pensarci due volte. Ho anticipato la mia partenza da Lviv, ho passato un giorno in meno a casa dei miei genitori, ho cercato di far stare la roba necessaria per quattro giorni in uno zaino, ho comprato un costume da bagno perché mi è stato promesso il bagno nei fiumi ucraini che bagnano la regione, e la mattina dell’undici agosto siamo partiti tutti insieme da Kyiv con una monovolume bianca con la scritta blu “Pen Ukraine. Write to exist”, carica di scatoloni con i libri.
Pen Ukraine organizza questi viaggi di volontariato una volta al mese nell’ambito del progetto “Le biblioteche imbattibili”. Il Pen raccoglie le richieste di varie biblioteche di posti lontani, liberati, bombardati, toccati dalla guerra e porta libri per arricchire la dotazione e li presenta ai lettori locali. In quel viaggio ad agosto a bordo della monovolume bianca, oltre a me e a Tetyana Teren, c’erano Myroslava Barchuk, una giornalista e conduttrice televisiva, Maryna Ponomarenko, poetessa, Kateryna Yehorushkina, scrittrice di libri per l’infanzia, Maksym Bespalov, scrittore e saggista, Hanna Ustynova, direttrice comunicazione del Pen, e Maksym Sytnikov, vice direttore del Pen e nostro autista.
La regione di Poltava si trova a est di Kyjiv, è una delle regioni più pittoresche dell’Ucraina, nota per la ceramica e per gli halushky, dei ravioloni ripieni che, al contrario dei classici varenyky, vengono preparati con l’aggiunta di lievito nell’impasto. Poltava è la regione descritta da Gogol (Hohol in ucraino) nel libro “Veglie alla fattoria presso Dykan’ka”. Sì, quei racconti pittoreschi e mistici parlano proprio della regione di Poltava dove è nato lo stesso Gogol, una piccola informazione per chi ritiene che Gogol sia uno scrittore completamente russo. Infatti passiamo con la macchina dalla famosa Dykanka e la salutiamo dal finestrino.
La regione di Poltava è la terra natia dello scrittore Ivan Kotlyarevsky, il quale nel 1789 diede il via alla nascita della letteratura ucraina moderna. Qui è nato anche Symon Petlyura, attivista politico, militare e culturale, diventato capo della Repubblica popolare ucraina tra il 1919 e il 1922. Anche l’attrice Vira Kholodna, stella del cinema muto sovietico degli Anni Venti, è originaria di Poltava.
Una delle particolarità dei viaggi del Pen è che si prende cura non solo dei lettori, ai quali sono destinati i pacchi con i libri che viaggiano con noi in macchina, ma anche ai membri del Pen. Il viaggio è organizzato per arricchire anche noi e farci conoscere le regioni meno conosciute del nostro paese. In quattro giorni abbiamo visitato il museo etnografico a Kozubivka, gestito da Eduard Krutko che durante la settimana fa il medico di base e nei weekend la guida nel museo, aperto dentro la casa dei suoi bisnonni. Ascoltiamo le storie di Eduard, condividiamo con lui le nostre, guardiamo con cura gli oggetti da lui racimolati. Mi sembra di essere in una seduta di terapia di gruppo e non sarà la prima volta in questo viaggio. Quello che Mosca per secoli ci ha proibito, cioè parlare e raccontarci, succede qui e adesso. Ognuno di noi ha da raccontare la storia della sua famiglia che ha sofferto le purghe staliniane, le deportazioni forzate o l’Holodomor, lo sterminio dei contadini ucraini per la fame organizzato a tavolino a Mosca.
La regione di Poltava è stata quella che ne ha sofferto più di tutte. Visitiamo il museo della vyshyvanka (la camicia nazionale ricamata) a Reshytylivka, nota per il ricamo del bianco sul bianco. Qui è esposta anche la replica della camicia indossata da Sofia Loren nel film “I girasoli” (1970) girato proprio nella regione di Poltava. Abbiamo visitato il museo di Vasyl Krychevskyy, architetto e pittore, l’autore dello stemma ucraino nel 1918, nel periodo dell’intensiva corsa verso l’indipendenza dell’Ucraina. Il museo si trova nella vecchia fabbrica di ceramica nel paesino di Opishnya, costruita sul progetto di Krychevskyy.
All’uscita dal museo, vorremmo tutti acquistare la ceramica di Opishnya, ma è lunedì e il mercato è chiuso, però c’è una signora che ha esposto le sue creazioni direttamente sulla panchina davanti al cancello di casa. Compro due tazze e un piatto a prezzi davvero stracciati, non ha il resto, e io non glielo chiedo. Però vuole darmi comunque qualcosa e mi dà le pere dal suo giardino. Visitiamo un piccolo festival, fondato dal musicista dello strumento nazionale ucraino “bandura” Yurko Fedynskyy, trasferito in Ucraina dall’America. Per tre giorni nel suo piccolo paese di Kryachkivka, organizza una specie di Woodstock con vari palchi, tende, cibo e un ricco programma sulla rinascita della cultura ucraina. Spostandosi da una città all’altra, dal finestrino del van vedo il verde delle colline e boschetti ucraini, il giallo della terra molto sabbiosa, i pini alti, i campi infiniti dei girasoli e i cimiteri con le bandiere gialloblù puntate nelle tombe. Così vengono segnate le tombe degli ucraini uccisi in guerra. Ogni cimitero l’ha, in alcuni posti ce ne sono tante. Le sirene antiaeree fanno da colonna sonora al nostro viaggio. Stiamo attenti e seguiamo le istruzioni sulle app appositi.
Mi sembra di fare quello che facevano i dissidenti ucraini negli anni Sessanta, i quali organizzavano i viaggi per conoscere l’Ucraina oppressa dal regime sovietico, e lo facevano anche per raccontarla agli altri. Eppure non siamo negli anni Sessanta, ma siamo sempre gli ucraini che per l’ennesima volta nella storia stanno cercando di salvare il patrimonio culturale dalle mani degli occupanti russi. Questo parallelismo, tra la generazione degli artisti ucraini degli Anni Sessanta e quelli di oggi, c’è anche nel libro postumo di Victoria Amelina “Looking At Women Looking At War” che sto traducendo in questi giorni, e non riesco a togliermi il pensiero che Victoria Amelina è la Alla Horska della nostra generazione. Alla Horska è una pittrice ucraina, dissidente, appartenente della generazione degli Anni Sessanta, uccisa nel 1970 dai servizi segreti sovietici. Nello stesso anno, gli italiani erano venuti nella regione di Poltava a girare “I girasoli”.
Di Vika e di altri colleghi uccisi dalla Russia parliamo a ogni presentazione che facciamo nelle dodici città della regione di Poltava con i lettori delle biblioteche venuti ad ascoltarci. E anche in quelle dodici occasioni mi sento di fare una terapia di gruppo, raccontando e raccontandosi, ascoltando e abbracciandosi. A Khorol ci dicono che quasi tutti gli uomini del paese sono al fronte, e per questo i lavori nella biblioteca proseguono lenti. A Horishni Plavni ci dicono che la biblioteca nei primi mesi dell’invasione è diventata un punto di resilienza con vestiti, cibo, acqua e medicine.
A Hadyach ci dicono che la biblioteca è stata il primo posto ad aprire dopo la chiusura causata dall’invasione su larga scala. La regione di Poltava non è stata occupata, ma ferita dai bombardamenti. Solo alcune settimane dopo il mio rientro in Italia, due missili al centro di Poltava hanno ucciso cinquantatré civili e ferito più di duecento persone. Facciamo tante foto, raccogliamo le richieste sui libri, riceviamo tanti abbracci, promettiamo di tornare. Sento e vedo quanto bisogno c’è di queste missioni che con la nostra presenza, la nostra attenzione e i libri che lasciamo, aiutano a resistere, aiutano a rimanere presenti, ascoltati e raccontati.
Dopo la nostra ultima presentazione a Horishni Plavni siamo andati sulla spiaggia pubblica sulle rive del fiume Dnipro. Ci siamo cambiati, e abbiamo fatto il bagno nel più grande fiume ucraino. Sentiamo la terra e l’acqua della regione di Poltava, sentiamo tutta la sua forza e la resilienza, sentiamo la forza della storia, degli ornamenti disegnati sulla ceramica di Opisnya, delle camicie nazionali ricamate bianco su bianco. Ci purifichiamo e ci rinnoviamo per tornare, per tornare perché c’è tanto bisogno di tenersi stretti, di proteggere le nostre radici e di stare tutti insieme e di sostenerci a vicenda in questa nuova e così cruda realtà ucraina.