Quello che non c’è a Milano è l’orecchio. Il gusto personale, la facoltà critica di giudicare un concerto in base alla qualità e non in base alla rappresentanza.
Ieri sera ho assistito alla performance dal vivo di Tonino Carotone, al Carroponte. E’ stata straziante. Un ometto divertente costretto a spostare il concerto causa maltempo da un ampio prato ad un angusto spazio teatrale, il Mil; un service senza spie sul palco, si dice; un’acustica non delle migliori; una carica spompa. Eppure al pubblico pare non interessasse: Tonino “Caroponte” è conosciuto perchè diverte, quindi essere al suo concerto deve essere divertente.
Della musica ai milanesi ormai frega poco, altrimenti riconoscerebbero un brutto concerto. Non si lamenterebbero per partito preso dei volumi, ma riconoscerebbero un service davvero scadente. Comprerebbero i dischi, non le magliette. Seguirebbero lo spettacolo con gli occhi e con le orecchie, non attraverso lo schermo di uno smart phone. Non coprirebbero la voce del cantante con le proprie stonate detonazioni. Non passerebbero il tempo a chiacchierare, per trovarsi al momento del commiato a chiedere un bis di qualcosa che non hanno visto. Perfettamente immersi in una società simulacrale, ai milanesi piace costruirsi ricordi-feticcio digitali da condividere sui social networks. E presupporre, in base ad una presunta appartenenza ideologica o culturale, in base anche al semplice gusto nel vestire, di apprezzare un musicista. A priori, senza ascoltarlo davvero. Anche quando la sua performance è scadente.
E’ faceto questo riflettere sulle abitudini del milanese medio ai concerti. Ma sconcerta veder assumere questa incapacità di autonomia critica, soprattutto sapendola dilagare in ogni altro ambito della vita sociale e culturale.Al cinema, dove si applaude un film noioso in base a quanto ci si reputa intelligenti. Alle urne elettorali, laddove si vota X perchè chi indossa maglioncino a righe, barba incolta e calzoni strizzapalle vota X. Ma questo è qualcos’altro che non c’è.