Quello che non c’èQuello che non c’è: pietas

Quello che non dovrebbe essere a Milano a volte sono io. Non perchè non voglia starci, non scorgo Eldorados lontani da qui; non sono nemmeno un cervello in fuga, tantomeno uno di quelli ciarlanti c...

Quello che non dovrebbe essere a Milano a volte sono io. Non perchè non voglia starci, non scorgo Eldorados lontani da qui; non sono nemmeno un cervello in fuga, tantomeno uno di quelli ciarlanti che il cervello se lo vedono solo loro. Ma Milano non ha bisogno di uno come me, non più. Milano ha bisogno di persone in gamba e ottime che tirandosi su le maniche, spaccandosi la schiena e mettendoci la faccia la aiutino a risorgere dal suo stato decadente. Ma a me Milano ha tolto la pietas, e un uomo senza pietas non è più fatto per vivere tra gli altri uomini.

Non ho più pietas, nè amore nè rispetto per il prossimo. Quando le zingare s’approssimano col loro piagnisteo ruffiano augurandomi buona fortuna, io rispondo di levarsi dai coglioni; quando un mendicante allunga la mano in metro, compio una netta negazione con il capo; quando i “poliziotti municipali” in borghese arrestano un abusivo di colore, penso che l’abusivo lo sapeva che poteva succedergli, che i vigili vegliano solo sui deboli e non fanno mai i lavori grossi, e che l’umanità è disgustosa nella sua ignavia, nella sua totale assenza di una categoria di giudizio, con quei suoi “poverino non ha fatto niente”; gli ubriaconi sdraiati per la strada, gli eroinomani di colore riversi sotto i portoni di viale Monza, li oltrepasso con la coda dell’occhio, non ho più quell’innocenza per cui a una persona in difficoltà offro il mio aiuto, al massimo faccio una telefonata; ci sono periodi, a Milano, nel mio animo, per cui non ho più amore e rispetto per nessuno.

Ed è colpa sua, della città. Troppe volte mi sento tradito, deluso, schernito, dalle politiche di contenimento delle forze dell’ordine, dal minimo delinquere consentito, dai plurilavoratori in nero che non pagano ticket sanitari refezioni e tasse, dai mendicanti che navigano nell’oro, dal rec alimentare che si compra fuori città, da chi stampa gratis perchè stampa in ufficio, da chi ha la zia che lavora all’ospedale che gli porta i pannolini e il latte gratis, da chi non ha intestato niente e ha intestato tutto a un parente e vive in case bellissime senza pagare che tanto non gli pignorano niente, da chi non può pagare le spese condominiali e lascia nel locale pattumiera l’involucro di un 65 pollici tecnologia 3D, dalla 70 su cui si viaggia senza biglietto, dalle gestioni sbagliate, ruffiane, demagogiche, ciarliere, dai figli di, fidanzati di, parenti di, venuti da, dagli intellettuali, dai sistemi nepotistici, d’interesse, criminosi, dai prepotenti che lo fanno e basta, dai potenti che non possono mica, da chi non mangia kebab perchè è robaccia, da chi è vegetariano perchè è cool, da chi deride i vegetariani, da chi si mette insieme per fuggire, chi si mette insieme perchè conviene, e chi si lascia perchè poi vengono le responsabilità, da chi ruba e non si rende conto di rubare, da chi uccide e non si accorge di uccidere, da chi è ignorante e ignora di ignorare, da chi si lamenta e non ha di che lamentarsi, da chi si loda con orgoglio e non ha di che lodarsi, e non ha orgoglio, da questa città che con la sua aria viziata ci ha coperti di una polvere untuosa che non è solo smog.

Io a volte mi disgusto, senza pietà. Perchè a volte m’accorgo che in me non c’è più pietas, e quello non è il me stesso che vorrei ci fosse, ma c’è. E non riesco a farci niente. Come se uno tra un milione fosse niente. Mentre uno tra un milione è un milionesimo. Ed il primo su un milione sarebbe già un inizio.

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