E’ il 5 agosto, a Milano. Attraversando la canicola, pare non ci sia traffico, ma rade schegge impazzite che saettano sull’asfalto. Non c’è respiro.
Questo blog nasce da qui: quello che non c’è. Che non c’è più; che non c’è ancora; che non c’è. Tutto ciò che ci è negato e che neghiamo. Siamo una generazione che si definisce per negazione, dalla politica alla società, destra è non sinistra, sinistra non destra, un’esemplificazione superficiale di quello che non c’è: l’assoluta determinazione ad essere. A fare.
Allora guardo la mia città, quella che vivo come posso e che mi ferisce come non vorrei, quella che scrivo trasfigurandola in sogno o incubo, a seconda. Nicolai Lilin ha scritto che dopo il servizio militare non è più riuscito a godere la bellezza di un paesaggio, ma guardandolo pensa puntualmente a dove sarebbe meglio posizionare il cecchino o la mitragliatrice. Io non riesco più a guardare la città senza pensare a come potrebbe essere, come rischia di trasformarsi, a cosa le manca, a come la vorrei. A cosa farò accadere, e dove, ricreandola sulla pagina dove c’è un unico demiurgo, io. La guardo e penso a quello che non c’è. A quel che faccio, e quel che non faccio.
Scriverò questo blog canticchiando una canzone potente e struggente e riflettendo su quello che non c’è. Per indagare, da scrittore, quello che non c’è a Milano. Per indagare, da noirista, perchè Milano muore. Sperando di esserne capace. Perché, come dice la mia fidanzata parafrasando Emily Dickinson, non sapendo quando verrà l’alba, lascio aperta ogni porta…