“Dio ha permesso la compravendita ma ha proibito l’usura” (II, 275).
Secondo il Corano il denaro non può generare altro denaro stando fermo: deve essere investito in attività concrete e produttive, altrimenti è usura. I soldi, infatti, appartengono ad Allah e farli fruttare senza lavorare, sarebbe come rubare a Dio.
Un concetto, tutto religioso, che dalla nascita della prima banca islamica (in Egitto nel 1969, la Ghamr Savings Bank) ha in parte protetto questa parte del mondo dalle varie crisi finanziarie.
Le banche islamiche funzionano molto diversamente rispetto a quelle occidentali. Un esempio: non si concedono mutui a chi vuole comperare una casa. Gli interessi sul prestito non sono leciti secondo la Sharia. La banca compra invece direttamente l’appartamento in questione e poi lo affitta al cliente, che oltre alla rata mensile paga il servizio offerto dall’istituto. Terminate tutte le rate, il cliente diventerà proprietario della casa. Un altro esempio sono le obbligazioni. Quelle occidentali prevedono che l’investitore abbia indietro il suo capitale, a determinate scadenze, con una remunerazione come interesse. Nelle obbligazioni islamiche, invece, il capitale del cliente viene investito in attività concrete. Il profitto deriva dalla redditività del progetto scelto dalla banca.
Eppure gli istituti islamici vogliono modificare, e allentare, il loro rigore. Nei giorni scorsi a Dubai si è discusso proprio di questo, durante la World Islamic Retail Banking Conference. Hanno partecipato rappresentanti di tutte le banche dei paesi arabi e sono arrivati a una conclusione: sí, bisogna certamente rispettare la legge islamica, ma è necessario fare qualche cambiamento se si vogliono attirare nuovi clienti e migliorare i servizi. Il Qatar per primo ha optato per degli istituti misti (in particolare la Barwa Bank) dove si offrono sia “servizi islamici” che convenzionali (ovvero all’occidentale). Insomma, la direzione sembra quella di ammorbidire la Sharia e di poter essere più competitivi sul mercato, aprendosi anche ai clienti non musulmani.
Di certo, vedendo quello che é successo in Occidente, il primo pensiero è che non sia la scelta migliore. Ma molto probabilmente le banche islamiche, imparando dagli errori degli altri, sapranno trovare una giusta via di mezzo. Mi sorprende sempre vedere come qui riescano a fare propri sistemi tipicamente occidentali, senza mai snaturare la loro religione, la cultura e le tradizioni.