Gli interventi si susseguono in merito alla questione Bpm. Mi pare che i contributi di Lorenzo Dilena siano i più esaustivi a questo riguardo e vi sia poco da aggiungere nell’analisi sulle strutture di controllo e sul guado di governance in cui una storica banca cooperativa quotata, e quindi con particolarissime specificità di governance, è immersa.
Vale la pena, tuttavia, di aggiungere qualche annotazione moralistica, da nano – come sono – sulle spalle dei giganti come Montaigne e Rousseau, i più grandi moralisti mai esistiti. Se il moralismo non può divenire uno strumento di lotta politica può e deve sempre rimanere uno strumento di orientamento all’azione personale, come ci insegnava Max Weber.
E da nano dico sommessamente che la vicenda è ben triste, moralmente, perché coloro che tuonano spesso contro la mala governance e le asimmetrie degli oligopoli dei dipendenti che occludono il sacrosanto principio del voto per testa con accordi e catene di controllo occulte di tipo sindacale eterodirette dalle confederazioni e dalle federazioni nazionali dei sindacati bancari ora si ritrovano nelle liste o si raccolgono tra gli ispiratori dei giochi di potere. Insomma, perché predicare bene e poi non essere conseguenti nella vita quotidiana? È una domanda che i giovani in attesa di esempi morali si attendono. È come se un monarchico dichiarato si candidasse presidente di una repubblica… è vero che questo in Italia è già successo, ma non mi pare il caso di ripetere le tragedie… diventano farsa. Tanto più che i poteri occulti che sovraintendono a molte delle mosse delle vicende in corso si sono già occupati da par loro d’eliminare i personaggi veramente “scomodi”…
E a patirne è la reputazione del principio cooperativo che nella bufera attuale è un sacrosanto argine ai mercati sregolati e una sublime utopia da realizzare: creare un mondo dove non esista solo la proprietà capitalistica che è incapace di creare posti di lavoro e quindi pari opportunità per le persone umane tutte e non per i soli “generi”.
Giulio Sapelli