Ci tengo particolarmente a seguire il caso dei cinque attivisti emiratini arrestati ad aprile per avere chiesto il suffragio universale, rispetto dei diritti e più democrazia nel Paese. Sí, perché al di là del clamore iniziale della notizia, ormai sei mesi fa, nessuno se ne occupa più. Sui giornali al massimo esce un piccolo trafiletto che comunica la data della prossima udienza.
Ahmed Mansour, Nasser bin Gaith, Fahad Dalk, Hassan Ali Al Khamis e Ahmed Abdul Khaleq sono sempre in carcere e, durante le ultime due udienze, si sono rifiutati di comparire in segno di protesta per come vengono trattati nella prigione di Abu Dhabi.
L’accusa continua a sostenere che tutti e cinque abbiano commesso “atti che costituiscono una minaccia per la sicurezza dello Stato e che, minando l’ordine pubblico, si siano opposti al sistema di governo”. Gli avvocati che rappresentano gli Emirati ribadiscono addirittura che i commenti dei cinque attivisti, comparsi su diversi forum e blog, abbiano recato danni emotivi alla popolazione.
Solo Amnesty International, la rete araba per i diritti umani Anhri, Front Line, e Human Rights Watch continuano a fare pressione sul Governo, sottolineando che il processo è segnato da vizi procedurali (soprattutto per quanto riguarda le prove assunte dalla Corte) e che sono stati violati i più elementari diritti di difesa degli imputati, a partire dall’ammissione di un solo testimone. Non solo, il fatto che il giudice non permetta che le udienze siano aperte a giornalisti, familiari e osservatori internazionali é secondo le quattro associazioni una violazione dei diritti internazionali.
“Ogni giorno che questi uomini rimangono dietro le sbarre solo per aver esercitato il loro diritto di libertà di parola – scrive Amnesty International – aggrava la parodia della giustizia ora in corso. Questo caso non ha nulla a che fare con la giustizia o la sicurezza, è solo un modo per mettere a tacere chi chiede maggiore democrazia nel Paese”.
Eppure l’articolo 32 della Carta araba dei diritti umani, che è stata ratificata anche dagli Emirati, garantisce il diritto alla libertà di opinione e di espressione.
La prossima udienza sarà il 23 ottobre.