Storie di un precarioQuando piove

Fino a solo un secolo fa in Italia si sarebbe salutato il primo vero temporale autunnale in un altro modo. In un mondo contadino e legato ancora alla terra ogni prima pioggia dopo i caldi mesi esti...

Fino a solo un secolo fa in Italia si sarebbe salutato il primo vero temporale autunnale in un altro modo. In un mondo contadino e legato ancora alla terra ogni prima pioggia dopo i caldi mesi estivi veniva salutata come una benedizione e benedetta con un’ esultanza. Adesso invece volano le bestemmie su via di Tuscolana e la pioggia è diventata una scomodità, un ritardo, un disagio e soprattutto un’occasione per fare politica.

Io sono nel parco nel pieno del temporale perché di lavoro faccio il dog sitter. Sì, uno dei miei lavori è portare in giro i cani la mattina presto nel parco. Posso dire senza essere contraddetto da nessun perbenista dell’ultimo minuto di fare una vita da cani.

Il parco è bello sotto il diluvio che si abbatte su Roma e pensare alle persone bloccate nel traffico e ai tombini che straripano mi mette in circolo un certo sadismo divertito. Ma anche io sono pieno di preoccupazioni e di ansie. Provo a ripetermi “è solo pioggia, è solo pioggia, è solo pioggia” come se fosse un mantra, ma una parte di me si ribella con forza e lentamente va in paranoia: “Ma quale solo pioggia? Mi si infangano le Superga nuove cazzo!!! E poi sto in motorino… e poi ho lasciato lo stendino sul terrazzo… ecco sta entrando pure nei pantaloni… ecco mi ammalerò… mi prenderò una bella influenza… oddio muoio… seppellitemi al parco etc etc etc”. E così mentre lentamente mi trasformo in mia madre e in tutte le sue ansie mi dimentico che è solo acqua.

Spitz ( il mio scoordinatissimo cane ) non è mai stato così contento, neanche ci fosse il Sole. No lui preferisce l’acqua e corre tutto storto, saltando fra le spighe appassite. Sembra quasi una danza, io spero sia una danza del sereno, mentre appare e scompare come una molla fra l’erba alta. Lo scirocco soffia forte, col suo alito pesante e appiccicoso, portandosi dietro tutto lo smog della città in delirio. Sembra quasi che la colpa del disagio sia dovuto alla perturbazione. Eppure il cane è felice, lui sa che è solo acqua.

Alla fine, e lo sanno bene i marinai, ogni tempesta ha un termine e già all’ora di pranzo è finito tutto. Spaccati di azzurro si intravedono fra i nuvoloni ancora minacciosi, mentre il Sole si poggia qua e la su qualche panchina bagnata e anche sul mio stendino lasciato in terrazzo. Tutto è tornato alla normalità finché non apro i giornali e scopro che è anche morta una persona. Non mi piace pensare che si poteva evitare, mi piace pensare che pur non conoscendolo un po’ mi dispiace soprattutto dopo aver pensato in quella maniera così superficiale che poteva capitare a me. Invece più vado avanti, più mi innervosisco e scopro che tutto, anche la vita, è un’occasione per fare politica:

“calamità” “semafori impazziti” “è colpa del sindaco” “no il sindaco ha ragione” “era imprevedibile” “nubifragio” “c’è un morto”

Insomma, un giorno si demonizza il Rais, un giorno l’acqua, un giorno tutti e due (che culo i giornalisti oggi). Eh no! L’acqua è sacra ed il mio scoordinatissimo cane, con permesso e stile, ci piscia sulle vostre notizie.

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