Quello che non c’èQuello che non c’è: indignato

Stamattina sono rimasto assai interrogativo, scoprendo che esistono gli Indignati italiani. Un po' perchè lo percepivo come un efficace movimento ispanico disposto a prendere una fracca di botte in...

Stamattina sono rimasto assai interrogativo, scoprendo che esistono gli Indignati italiani. Un po’ perchè lo percepivo come un efficace movimento ispanico disposto a prendere una fracca di botte in silenzio per imporre la sua presenza e le sue ragioni in piazza. Ebbi i brividi, la prima volta che vidi su Youtube gli Indignados. Li invidiavo e allo stesso momento sentivo di non avere del tutto il coraggio di imitarli.

Ora, che esista un movimento indignato in Italia, probabilmente è naturale. Dovremmo essere indignati da anni, ma fa niente, la moda dell’indignazione è giunta ora con un pamphlet e la protesta pacifica sembra una novità. Però è avvilente che sappia di “moda” anche questo. Che appaia come un ribattezzare una protesta già esistente non per darle più efficacia ma per emulare una tendenza degli stimati vicini.

Intendiamoci, non reputo sbagliato che esista un movimento indignato anche in Italia, anzi. La giusta e corretta diffusione delle idee lo esige: questa è una semplice riflessione sui termini.

Il termine più adatto che abbiamo usato per definire chi manifestava in piazza, negli anni, in Italia, è stato Disobbedienti. Questo sì si adatta a tutti, perchè chi disobbedisce semplicemente rifiuta di eseguire un ordine o rispettare delle regole, ma non persegue, in questo modo, necessariamente il proprio bene. E io ho la mesta idea che noi Italiani siamo un po’ così. Che partiamo con grande entusiasmo e partecipazione di piazza, a priori, ma non ci rendiamo mai bene conto delle responsabilità che comporta essere animali politici. E a volte nemmeno di che stiamo facendo.

Per esempio, non possiamo pensare che basti eleggere Sindaco una persona “nuova” a risolvere i problemi che noi stessi persistiamo a produrre. Non basta indignarsi col prossimo, è su se stessi che si applica il cambiamento, la scelta, la decisione, la direzione. Se vogliamo un governo onesto, corretto, attento, sensibile, dobbiamo essere noi per primi onesti, corretti, attenti, sensibili. Questo cambierebbe davvero le cose. E se allora chi ci governa non ci apparisse alla nostra altezza, lo riconosceremmo al volo, avremmo non solo il diritto di indignarci, ma di infuriarci.

Ecco, forse dove sta il problema: che probabilmente il governo non ci appare alla nostra altezza, ma di sicuro è alla nostra bassezza.

Quello che non c’è è motivo di indignarsi, quando si è indegni.

X