Note di BelfagorDiario Notturno – A Trieste la democrazia vota no al rigassificatore, cioè contro il progresso

Sicuramente il governo Monti inizia a significare per tutti quello che è solo per pochi: la necessità di fare a meno delle decisioni della democrazia rappresentativa e quindi della classe politica ...

Sicuramente il governo Monti inizia a significare per tutti quello che è solo per pochi: la necessità di fare a meno delle decisioni della democrazia rappresentativa e quindi della classe politica scelta dagli elettori in questi ultimi anni, se si vogliono raggiungere alcuni obbiettivi essenziali per la continuità del vivere in comunità. Si guardi a che cosa è appena accaduto a Trieste, nel silenzio assoluto della stampa nazionale e con l’intervento di solo quella locale.

Si tratta dell’area di Zaule, in quel tra Muggia e Trieste, dove vi sono i resti non bonificati, ossia ad alto pericolo di infiltrazione di residui di idrocarburi, dell’ex raffineria “L’ Aquila”, ora ammasso di detriti e di scheletri arrugginiti di metallo. Ebbene, lì, in quel sito, dovrebbero sorgere gli impianti del rigassificatore dell’impresa GAS NATURAL.

L’impianto permetterebbe il rifornimento con gas naturale liquefatto, superando i colli di bottiglia dello storico gasdotto che da decenni corre ai confini della Slovenia e dell’Austria. Il fatto che tutto il gas in arrivo nell’area debba percorre solo quel tratto è oggi sotto attacco: ecco allora l’alternativa del rigassificatore. L’opera di rigassificazione dovrebbe comportare, inoltre, la bonifica del sito, da anni attesa.

Questi propositi rischiano di esser annullati dal recente (il 14 febbraio ultimo scorso) Consiglio Comunale di Trieste, che ha votato contro l’impianto, bloccandone per ora la costruzione. Un voto compatto: su 39 presenti, 37 sono stati i contrari e 2 gli astenuti. Ora dovranno quindi aver luogo due Conferenze dei servizi e si dovrò attendere un parere regionale. L’Unione Industriale e la Regione stessa si sono subito espressi contro la decisione del Comune.

Ma il problema resta e nuovi tempi lunghi si profilano all’orizzonte. Le favole anti-industrialiste sono più forti della paura per la disoccupazione e per la recessione economica: gli eletti conoscono bene i miti degli elettori e ne temono il giudizio non essendo più in grado di far pedagogia. L’ombra di Monti diventa l’emblema della difficile riproduzione del pluralismo in una società che della tecnologia non può fare a meno, mentre può privarsi dell’immediatezza della democrazia rappresentativa. È giunta l’ora della sua “manuntenzione” – mi si passi l’eufemismo non politologico (poi me ne inventerò uno). E vedrete che nessuno strepiterà più di tanto.

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