La notizia è finita in un boxino, in un angolo, eppure valeva molto di più. Anche noi a Linkiesta abbiamo snobbato quel lancio di agenzia, ieri, ma oggi non è tardi per parlare seriamente di un problema che mette a repentaglio le fondamenta stesse dello Stato.
È successo che un ministro della Repubblica, Corrado Passera, ha spiegato che ci sono 100 miliardi di debiti non saldati, divisi in misura non precisata tra pubblica amministrazione e aziende private. Stime recenti valutavano in 70 miliardi i debiti inevasi della pubblica amministrazione, altre in “soli” 50. Stiamo bassi, e diciamo che lo stato italiano deve alle imprese – soprattutto piccole e medie – 50 miliardi di euro. Centomila miliardi di vecchie lire. Una finanziaria “lacrime e sangue”. Circa nove volte il valore di Fiat, la più importante azienda privata italiana, in borsa.
Ieri Passera ha usato parole forti e timide insieme. Perchè ha denunciato il misfatto promettendo che “il governo andrà a fondo di questa vicenda”. Ma si è poi limitato a definire questo comportamento al “limite della disonestà”. Ecco, no. Questo comportamento è oltre il limite della disonestà, perchè è apertamente disonesto non pagare i propri debiti, e vive per di più di un inevitabile conflitto di interessi. Perchè se un’azienda deve dei soldi ad un’altra azienda o a un privato cittadino, chi è parte lesa può ricorrere a un tribunale dello stato. Che in quel momento può mettere i panni di giudice terzo e imparziale. Se poi è un privato che deve dei soldi allo stato, in qualunque formula e per qualunque ragione, allora ecco che arriva Equitalia in tempi da record.
Ma se è la pubblica amministrazione (lo stato, una provincia, un comune, una regione, un ministero, un tribunale…) a essere in ritardo sul dovuto, beh, allora la storia è diversa. Lo stato deve dei soldi, il privato glieli chiede e poi ricorre… ai tribunali dello stato. Che non sono esattamente i più efficienti del mondo in generale, e che poi si trovano comunque a dover giudicare su altri organi costituzionali, tutti insieme in quel marasma di inefficienze e fondi che non arrivano di cui la cattiva giustizia è uno dei più gravi fenomeni rivelatori.
Il rischio – forse già ampiamente oltrepassato, come il confine della legalità – è che allo stato italiano non creda più nessuno. Perchè non è accettabile che quando lo stato deve dei soldi non paga, e magari aziende di potenziale successo si trovano a chiudere o a indebitarsi ancora con le banche solo perchè lo stato non paga il dovuto.
Solo la politica può risolvere questo nodo che sta diventando un cappio. Solo chi rappresenta lo Stato puà farsi carico di un disonore inaccettabile e pericolo per il patto sociale che regge le democrazie. Dare un segnale vero non serve “solo” a far vivere imprese che potrebbero stare sul mercato se solo il “regolatore” onorasse i suoi debiti. Servirebbe anche a salvare la fiducia nella Repubblica e nello Stato. E scusate se è poco.