Rimasi molto colpito, anni fa, leggendo che la maggioranza degli studenti delle scuole superiori milanesi imputavano la strage di Piazza Fontana alle Brigate Rosse, che nel 1969 non erano neanche state fondate.
È un dato che mi torna alla mente ogni volta che le stragi di quegli anni bui tornano alla ribalta. È successo anche oggi, che è arrivata la notizia di un’assoluzione in appello per i neofascisti imputati della strage bresciana di Piazza della Loggia, datata 1974.
Ogni volta mi trovo a pensare a quanto la sacrosanta voglia di giustizia di quel che resta di quelle famiglie, decenni dopo, cozzi con un principio che prima che giuridico è di buon senso: come si fa, dopo tanto tempo e con tanti inquinamenti di prove e misteri nel mezzo, a sperare di ricostruire una verità giudiziaria tanto solida da resistere alle giuste garanzie che un processo penale attribuisce agli imputati? Come fa un buon giudice, in coscienza, a condannare per strage qualcuno che – pur sicuramente coinvolto in trame oscure e probabilmente ben informato dei fatti – non riesce a essere dimostrato colpevole oltre “ogni ragionevole dubbio”?
Forse è arrivata per tutti noi l’ora di rassegnarsi e di accettare che – se è vero che è una grande sconfitta del nostro paese aver accettato depistaggi, servizi deviati e bugie di stampa da regime – non sarebbe certo una vittoria agitare lo scalpo della condanna di uno o più possibile innocenti. Anche se dichiaratemente neofascisti, dichiaratamente eversivi, storicamente legati al peggio che la storia di questo paese abbia espresso.
Già. La storia. Forse, anche sulla base delle carte che a fiumi i tribunali hanno prodotto, sarebbe ora di iniziare a ricostruirla e poi a insegnarla davvero. Di spiegare cosa sono stati i servizi deviati. Di cosa è stato il neofascismo. Di cosa è stata la lotta armata di matrice comunista. Di spiegare una storia che non ha pari in occidente, purtroppo, e da cui abbiamo molto da imparare anche se un tribunale non metterà mai il suggello sotto l’elenco dei nomi dei responsabili di stragi che resteranno drammaticamente impunita. Di sentirci liberi di attribuire colpe e responsabilità, anzitutto politiche, senza aver bisogno delle pezze dei tribunali, che fanno un altro lavoro.
Solo così, nelle scuole italiane, non capiterà più di sentirsi dire che Piazza Fontana l’hanno devastata le Brigate Rosse. Fondate invece “ufficialmente” pochi mesi dopo quel dicembre del 1969, mentre le ceneri della Banca Nazionale dell’Agricoltura erano ancora fumanti, in Piazza Fontana.