Le lacrime di gioia di Sara Errani dopo il match point contro la Stosur non possono lasciare indifferenti. Non si può non esultare, non si può non essere fieri di lei. Ma che non si gridi al miracolo sportivo, la tennista italiana (già in finale nel doppio con la Vinci) in questo Roland Garros sta facendo vedere un grande tennis, tecnica e tenacia, forza atletica e tattica, e se aggiungiamo la coraggiosa scelta di cambiare racchetta e “pagarsela da sola” (come segnalato da Marco Fattorini nel suo blog ) allora si capisce che non si può parlare di “miracolo”, e che il solco tracciato dalla Schiavone due anni fa, è molto più lungo di quanto ci si aspettasse…
Ora tutti gli italiani si stringono sorpresi intorno alla vincente romagnola, su twitter il suo nome schizza (come era prevedibile) tra i primi 10 hashtag. Forse la sorpresa arriva perchè siamo rimasti ancorati ai tempi di Panatta (dopo di lui solo Diego Nargiso… ma questo è un mio parere personale non coadiuvato dai numeri purtroppo, a parte il titolo juniores di Wimbledon…), oppure semplicemente perchè si tratta di tennis, o meglio di tennis femminile?
E sì, perchè in Italia le donne o sono amabili ed ironiche ballerine di Burlesque oppure sono inarrivabili ed invincibili eroine (spesso di altri tempi). Basti pensare che il tasso di occupazione femminile tocca solo il 46,6%, ben dieci punti sotto quello della media europea, che solo l’11% scarso dei bambini va in un asilo nido (privato o pubblico) e che se una donna svolge lo stesso lavoro di un uomo riceve in media 1/5 in meno. A conferma di ciò, come riportato nel rapporto annuale 2012 di Amnesty International “il Comitato Cedaw ha sollecitato l’Italia, a introdurre politiche per superare la rappresentazione delle donne come oggetti sessuali e per mettere in discussione gli stereotipi sul ruolo di uomini e donne nella società e nella famiglia”.
Dati davvero sconcertanti ma che lasciano l’amaro in bocca, quando si materializzano nella vita reale. Ricordo ancora quando, nella avanzatissima facoltà di Giurisprudenza della Federico II, un professore ebbe a sostenere di essere un po’ restio a ponderare l’eventualità che una donna potesse fare il magistrato “è un lavoro molto impegnativo, come si fa a curare un piccolo, a dargli il biberon …”, ricordo come se fosse ieri il silenzio imbarazzato delle retrovie e il servile chinare il capo delle prime file. Allora ebbi uno scatto d’orgoglio (devo ammettere che sono rari, di solito tendo a lasciar correre… forse per questo lo ricordo ancora), mi sentii ferito come uomo, sentivo quella ingiustizia sulla mia pelle, alzai la mano, scandii bene la voce e dissi testuali parole: “Professore lei vive ancora nel Medioevo” poi aggiunsi “mettiamo che a me piaccia dare il biberon a mio figlio? Cosa ci trova di strano?”- lui balbettò qualcosa, sorrise e continuò la lezione. Non ci furono applausi, non ricevetti alcun plebiscito, ma le facce delle mie colleghe sembravano urlarmi “grazie!” ma soprattutto ricordo ancora, come se fosse ieri gli occhi pieni di stima della mia compagna (uno dei momenti più belli della mia vita…). Inutile dirvi che il prof si ricordò di me all’esame…
A proposito della mia compagna, a circa quattro anni di distanza da allora, lei si è laureata con il massimo dei voti e sta per completare il percorso di dottorato mentre io rincorro ancora il mio ultimo esame (tanto per fare un esempio…).
Viva l’Errani, viva le donne, non solo oggi…