Oltre la finestraL’Evangelo come prassi di Liberazione

L’Evangelo come prassi di Liberazione «Io sono il Signore! 3Mi sono manifestato ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio l'Onnipotente, ma non ho fatto conoscere loro il mio nome di Signore. 4Ho an...

L’Evangelo come prassi di Liberazione
«Io sono il Signore! 3Mi sono manifestato ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio l’Onnipotente, ma non ho fatto conoscere loro il mio nome di Signore. 4Ho anche stabilito la mia alleanza con loro, per dar loro la terra di Canaan, la terra delle loro migrazioni, nella quale furono forestieri. 5Io stesso ho udito il lamento degli Israeliti, che gli Egiziani resero loro schiavi, e mi sono ricordato della mia alleanza.6Pertanto di’ agli Israeliti: «Io sono il Signore! Vi sottrarrò ai lavori forzati degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscatterò con braccio teso e con grandi castighi. 7Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio. Saprete che io sono il Signore, il vostro Dio, che vi sottrae ai lavori forzati degli Egiziani. 8Vi farò entrare nella terra che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe; ve la darò in possesso: io sono il Signore!»». (Esodo capitolo 6,2-8 versione Bibbia CEI)
Il Dio di Abramo Isacco e Giacobbe si rivela a Mosè come Colui che Libera il Popolo dalla schiavitù, Gesù, figlio di Abramo negli Evangeli, ed in particolare nell’Evangelo di Marco, si presenta come “uno sciamano” che libera dalla schiavitù della malattia, dall’ossessione, che restituisce la Parola ai Muti, che Purifica la donna “emorroissa”, che guarisce dalla Lebbra, che restituisce alla vita la fanciulla “addormentata”. Gesù manifesta, cioè, attraverso i “Miracoli” la Potenza Vitale del Dio di Pesach, del Dio che conduce il Suo Popolo aldilà del Mare nello Spazio Aperto e Critico della Libertà e della Nuova Creazione.
Oggi lo Schiavo che deve essere liberato si chiama: Gesù. Abbiamo imprigionato Gesù e, peggio, lo abbiamo alienato dal suo Popolo, abbiamo usato Gesù l’Ebreo come strumento di maledizione per il suo Popolo. Le Chiese Cristiane ed in particolare quella Cattolica hanno abbandonato il Dio di Abramo Isacco Giacobbe e Gesù per abbracciare il Dio Filosofico di Platone ed Aristotele, trasformando il Dio Vivente nel Motore Immobile, trasformando il Dio della Liberazione, il Dio di Pesach, nel Dio garante dell’Ordine Cosmico e del Principio Logico. Un Dio Geometrico modellato sulla Metafisica dell’Essere ebbene quel Dio è Morto prima nel pensiero di Kant, quindi nell’urlo di Nietzsche ne “La Gaia Scienza” ed infine nei Campi della Morte in cui si è compiuta la Shoah che è la contraddizione definitiva della pretesa Civiltà Cristiana.
Oggi se volgiamo essere Cristiani non possiamo che prendere atto del nostro radicale fallimento storico sia come Comunità sia individuale. Sottraendo Gesù l’Ebreo al suo Popolo e grecizzandolo nei contenuti e rendendolo bianco e biondo nella rappresentazione siamo diventati “Faraone”, ovvero l’icona dell’oppressione, ci siamo posti nella nostra alienazione metafisica come obiettivo l’Aldilà, pensate al “Salve Regina”: “noi esuli figli di Eva gementi e piangenti in questa valle di lacrime”, svalutando radicalmente la dimensione storica, l’aldiquà e ponendoci nell’aldiquà quali censori che impongono la loro Visione del Mondo, ci siamo costituiti come una Tirannia Spirituale che diviene oppressione dei Corpi, negazione dei Corpi mentre Gesù si prese cura dei Corpi poiché nel modello antropologico ebraico non vi è scissione tra Corpo e Spirito ma Unità Radicale.
La nostra contemporaneità è segnata in modo terribile dalla “Crisi” Economica, Finanziaria, della Politica, della Cultura, delle Istituzioni, anche di quella grande e millenaria Istituzione di Senso che è la Chiesa Cattolica, sotto la pressione del Neo-Liberismo. Il Papa Benedetto XVI nella Lettera Enciclica “Caritas in veritate” offre un modello Economico e Culturale alternativo: il Neo-Corporativismo o meglio l’Economia Sociale di Mercato, ma è questa la Via? Il Regno di Dio in mezzo a noi è una formula economica? O non dovremmo scegliere di svuotarci di ogni formula pre-confezionata e farci “mendicanti” di domande nelle baluginanti strade delle nostre città cibernetiche? Non dovremmo forse farci vicini ai corpi disfatti dalla perdita del lavoro, dai debiti, dalla fatica esistenziale e partendo da loro, non da noi, costruendo, cioè, un processo relazionale profondo elaborare delle prassi di Liberazione che rendano evidente il Cambiamento?

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