Raccontare l’Italia agli stranieri è arduo. L’ho fatto per quasi dieci anni e tradurre la nostra mentalità fiorentino-bizantina agli anglosassoni così devoti del pragmatismo è un mestiere a se stante. Anche perché ciò che conta da noi, spesso non conta niente fuori. È il caso, ad esempio, di Mediobanca. Qui ne siamo ossessionati. Lì devi spiegare al caporedattore cosa sia e, se lo afferra, è solo perché gli citi il controllo delle Generali, altrimenti nisba.
Anche per questo è molto interessante vedere la parabola di Mario Monti sui giornali internazionali. Che in parte segue l’umore degli italiani e così, agli inizi, la luna di miele, anche con i lettori stranieri, era intensa. Poi c’è stato un momento in cui Monti sembrava il Cnt libico: fortemente legittimato internazionalmente, molto debole in casa. Poi ha iniziato a cambiare ancora con la vicenda articolo 18 (ricordate? “Monti è la Thatcher” sparò il Wall Street journal che pochi giorno si corresse: “Monti non è la Thatcher”, roba che neanche il gatto di Schrödinger riuscirebbe a conciliare).
Arriviamo così a oggi com Guy Dinmore che sul Financial Times scrive nel primo paragrafo del suo articolo: «I problemi interni dell’Italia sembrano crescere oltre la capacità del suo governo tecnocratico di risolverli». Quello che preoccupa in questo caso non è tanto il progressivo disincanto del giornale della City. Quanto quello che racconta l’anonimo consigliere del governo citato nell’articolo. Il quale parla di un Monti che non avrebbe più la testa per l’Italia perché interamente immerso nel suo ruolo di coordinatore della Ue sulle risposte al debito sovrano (ruolo di cui, a dire il vero, si legge molta enfasi sui giornali italiani ma non altrettanta su quelli stranieri). «L’Italia – dice poi al FT il consigliere – è nelle mani di burocrati che stanno combattendo il cambiamento e di un primo ministro che non sta prendendo il toro per le corna» (chiedo venia ma al momento non mi viene una traduzione migliore per «he’s not putting his foot down»). Per poi concludere: «i mercati a un certo punto capiranno che l’Italia non ha fatto abbastanza riforme». E, visto che questa frase la si legge sul Financial Times, probabilmente il redde rationem con i mercati, non è così lontano. E forse, se è vera la rappresentazione dell’anonimo consigliere, proprio questo Monti con la testa ovunque tranne che a Roma sarà un acceleratore per il loro brusco risveglio.
PS: che la percezione di Monti fosse cambiata lo sappiamo, ma il doppio attacco del Corriere di oggi, gli articoli di Giavazzi e Alesina e quello di Dario Di Vico, suonano come un ulteriore giro di boa.