…Però venite, non lasciatemi sola!
E’ toccante lo spot in onda su La7 che promuove l’adozione di bambini ed è anche azzeccato: un tavolo intorno al quale 3 sedie vuote rappresentano il vuoto affettivo degli orfani e abbandonati che aspettano un affidamento e la piccola che gioca di ruolo interpretando ora la mamma, ora il papà e poi se stessa, sola.
Al capo opposto della natura umana ci sono i dati resi noti dal Ministero della Salute sull’attuazione della legge 40 relativa alla procreazione assistita: dal 1980 ad oggi sono 150 mila i bimbi della provetta, dei quali 12506 nel 2010 con una crescita costante.
Da un lato bimbi soli, con estemo bisogno di affetto che aspettano nuovi genitori ai quali affidarsi.
Dall’altro un laboratorio, una provetta, ovociti, siringhe e un bel po’ di terapie farmacologiche che talvolta provano duramente la coppia e la potenziale mamma.
E poi tanti, tanti embrioni congelati: se ne stimano 16280 nel 2010.
Due modi di esprimere l’istinto materno e paterno assai diversi, entrambe testimonianze di un desiderio di genitorialità con conseguenze diverse e risposte diverse.
E se i genitori naturali, si sentono dire al clou del litigio: io me ne vado da questa casa (ma siamo sempre tra cuccioli preadolescenti), il piccolo adottato dice ‘io me ne torno dai miei veri genitori!‘.
Al figlio in provetta il genitore orgoglioso dirà tutto suo padre o sua madre, a quello adottivo: ma da chi avrà preso? (E magari se lo chiedono pure i genitori di Balotelli da chi avrà preso i suoi magici piedi).
Due modi di sentirsi genitori che rispecchiano la società ingegnerizzata di oggi, con i suoi insanabili contrasti tra etica e scienza: fintanto che la procreazione in provetta era una fantasia tra le pagine della fantascienza, l’unica strada percorribile per diventare genitori era quella dell’adozione; oggi si può avere un figlio attraverso un laboratorio clinico.
E se un eccesso di chimica o di scienza può anche distruggere, in questa scelta di fecondazione assistita prevale l’istinto dell’umana sopravvivenza e della propria discendenza.
E per gli orfani non si può pensare certo di creare genitori in provetta, ma di sollecitare l’amore del quale hanno diritto solleticando lo spirito genitoriale sopito.
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