È più facile, si sa, trovare un extraterrestre che un calciatore omosessuale. Almeno in Italia, dove l’argomento è tabu da sempre.
C’è chi, come il ct campione del mondo Marcello Lippi, fa finta di non vedere. Qualcun altro, come l’attaccante della nazionale Antonio Di Natale o il presidente dell’Associazione calciatori Damiano Tommasi, invita all’omertà. Alcuni, semplicemente, non si fanno problemi a manifestare la propria omofobia (vedi le dichiarazioni di Cassano nel corso degli ultimi Europei).
A dire il vero c’è anche chi ha provato a prendere una posizione diversa, più coraggiosa. Il caso più noto, e più recente, è quello dell’attuale ct azzurro Cesare Prandelli. Ma si tratta di eventi rari, casi limite, che sono stati presto dimenticati e che, per il momento, poco hanno contribuito a mutare quella che è la posizione condivisa sull’argomento da parte dell’ambiente calcio.
Tutto il contrario, insomma, di quanto si sta tentando, faticosamente, di fare in altri paesi europei.
In Germania, per esempio, da tempo esistono campagne contro l’omofobia del calcio e anche calciatori di prima fascia hanno preso posizione a favore del coming out.
In Inghilterra, invece, esiste il precedente, nel lontano 1990, di Justin Fashanu , che ha avuto il coraggio, per primo, di dichiarare la propria omosessualità pagando sulla propria pelle le conseguenze.
Quello che sta avvenendo in questi giorni, tuttavia, è ancora più rilevante. Perché a prendere posizione non è un singolo calciatore, ma un intero club. Il Liverpool, la squadra inglese più titolata, quella col tifo più appassionato (“You’ll Never Walk Alone” cantano all’Anfield Road) ha aderito ufficialmente al Gay Pride che si terrà il prossimo 4 agosto proprio nella città del nordest inglese.
“In questo modo vogliamo dimostrare il nostro impegno per liberare il calcio dall’omofobia e assicurare che l’uguaglianza e i principi di inclusione sono insiti nel patrimonio del club”, ha spiegato il manager del club Ian Ayre, precisando che alla manifestazione sfileranno lo stemma ufficiale e le bandiere del club.
Adesso provate a immaginare una cosa del genere in Italia. Ci riuscite? No, appunto.