È successo ieri, con un colpo solo Mario Monti ne ha infilzati due. Il primo, Silvio Berlusconi, che ieri era alla quarta (sesta? Ottava?) ridiscesa in campo. Questa volta – vuoi che la scadenza elettorale si fa vicina, vuoi che anche un mesto Alfano ha confermato di essere “al suo fianco” – la cosa sembrava avere maggior peso. E infatti, ce l’avrebbe anche avuto, con tanto di sondaggi della Ghisleri a “certificare” che con Silvio in campo è tutta un’altra musica.
Si sarebbe preso le prime pagine e la scena. E invece no.
Perché Monti – che ormai è un politicante che sa tenere la scena – ha preso il tempo a tutti e ha trovato il modo di guadagnare spazio su un tema altamente sensibile di questi tempi: i sindacati e il loro rapporto con datori di lavoro e politica. “La concertazione è alla base dei mali che ci portiamo dietro ancora oggi”, ha detto Monti. Ovviamente, la storia – in un’estate di tensioni per il mondo del lavoro e della politica – è di primo piano. Supera Berlusconi sul suo terreno (quante volte ha sconfessato il metodo concertativo senza essere mai riuscito a scalfirlo, il Cavaliere?) e infine lancia un tema faticoso – ma oggettivamente serio – a Bersani. Oggi le reazioni di molti, a sinistra, sono state di questo tono: “Monti vuol dividere il Pd dalla Cgil?”.
Chissà se Monti voleva dividere il Pd dalla Cgil, o solo dividere Berlusconi dalle sue velleità e dalle sue amate prime pagine e copertine di tg. Certo che la domanda che si fanno in tanti, senza che l’abbia fatta esplicitamente Monti, resta cruciale: il Pd è il partito della Cgil? È la Cgil di Susanna Camusso (pensionati, pubblico impiego, dipendenti di una grande industria che ormai in Italia non c’è quasi più) l’anima profonda del Pd? E davvero pensa, per il futuro, di saldarsi senza scollature con un sindacato del ‘900 che non ha oggettivamente ancora preso le misure al presente?
Una domanda cui Bersani e i suoi dovranno dare una risposta. Preso è meglio, e fa niente se in fondo l’uscita di Monti serviva solo a nascondere il Cavaliere. Anche lui è un pezzo di Novecento che se ne va, ma non è (più) il problema principale di un centro sinistra in cerca di identità. Anzi, senza di lui si vedono meglio gli altri nodi: il primo si chiama “idea di lavoro”, e anche se non sembra fa rima con Cgil.