Le gallerie d’arte si rivelano spesso trappole per artisti e per compratori. Avrebbero troppe tasse da pagare, aggiustano i conti con vendite in nero e comunque i prezzi sono spesso troppo alti. Probabilmente per un interessato di arte contempornea è ben più soddisfacente andare ad acquistare un quadro, una scultura, un’opera d’arte direttamente in studio, facendo una visita all’atelier dell’artista in questione.
Vsta così, è per un motivo esclusivamente economico che si rivelerebbe assolutamente più conveniente concludere affari direttamente tra compratore e artista. Di certo la questione è molto più articolata, e si aggiunge alle motivazioni che rendono più “piacevole” comprare in studio anche un indiscutibile aspetto poetico. Mi è bastato fare una visita il 17 settembre all’atelier di Giovanni Cerri, Isabella Dovera, Marina Falco e Fuelpump (ovvero Fabio Valenti), per rendermene conto: quattro artisti indiscutibilmente diversi condividono uno spazio in via Piero della Francesca a Milano, la China Town meneghina che ben poco ha in comune con quella newyorkese ma comunque mantiene un’aurea di fascino per l’isolamento che cerca di creare dal resto della città. Hanno deciso di aprirlo al pubblico, e di organizzare una mostra che prosegue fino al 22 settembre (visite su appuntamento o al pomeriggio). Mi accoglie Cerri sul portone di via Piero della Francesca 58 e mi invita a seguirlo. Si scende? già, lostudio è in un seminterrato, stranamente però è luminoso e la divisione degli spazi riesce ad essere ottimale. Cerri, Falco, Dovera e Fuelpump lavorano insieme da quindici anni: ognuno ha la sua vita e i linguaggi artistici sono assolutamente diversi, ma tutti sono pittori e con questa mostra hanno deciso di aprirsi direttamente all’esterno: “qui si possono scoprire i materiali con cui lavoriamo, è possibile parlare direttamente con noi, entrare in un certo senso nel nostro mondo” dice Isabella Dovera, che realizza quadri in cui l’immagine appare solo dopo un’attenta osservazione, chiedendo a chi guarda l’opera una necessaria concentrazione per individuare il soggetto, che dopo un po’ si distingue nel colore apparentemente quasi uniforme. Cerri è il pittore di luoghi isolati, periferie metropolitane o scorci di strade disabitate in città: una malinconia che attraversa ogni quadro, una solitudine che rende ormai il suo linguaggio artistico anche molto noto. Tra cavalletti, divani, scrivanie e tele di ogni dimensione si possono vedere ancora i dipinti di Marina Di Falco e le atmosfere dei quadri di Fuelpump: “non parto da un’idea definita, anche se parto sempre dalla figura umana come modello centrale. Perchè sono un uomo, per questo parto da tale forma e figura, ma non è detto che sia io”.
L’approccio disteso e positivo che si è creato nella serata di apertura al pubblico ha portato gli artisti a voler ripetere l’operazione probabilmente anche in novembre. E chissà che non nasca a Milano un giro di studi che si potrebbero affiancare in modo ben più informale e spontaneo a quello delle gallerie d’arte?