L’altro giorno da queste parti non avevamo dubbi: finalmente un ministro che dice la verità. Alcoa non sta in piedi, non è possibile che continui a drenare risorse pubbliche vitali mentre le tasse strozzano il paese e senza dare in cambio servizi, e insomma “ci sono poche speranze”. Così parlò Corrado Passera, pochi giorni fa, dicendo quella che sembra una verità ineccepibile e che oggi conferma Luca Ricolfi con una bella analisi, pubblicata su La Stampa.
Poi ieri, come sappiamo tutti, ci sono state tante proteste, una manifestazione non proprio tenera con tanto di spintoni all’ala sinistra del Pd rappresentata in piazza da Stefano Fassina e l’annuncio di una mobilitazione a oltranza. E di colpo i toni del governo cambiano. Per lo stesso Passera di cui sopra, la situazione “non è impossibile”. Il suo braccio destro già ai tempi di Intesa, il viceministro Ciaccia, dice che si sente nell’aria una svolta.
Non conosco ovviamente cosa si celi dietro il cambio di clima, si dice di alcuni interessamenti che sarebberi seri, anche se non si capisce bene chi si possa interessare seriamente (per ragioni di impresa e lavoro, non di relazioni politiche) a un impianto unanimemente giudicato fuori mercato. Quel che preme e preoccupa è ricordare ai ministri, ai politici, alle classi dirigenti, che non è il caso di spendere altre risorse (scarse e di tutti) per Alcoa. Bisogna sostenere i lavoratori e dargli il (giusto, non infinito) tempo di cercare nuove opportunità? Certo. Ma non si può fare finta che quella possa essere un’impresa. È arrivato il tempo di dire la verità, anche quando fa male. Se no, tanto valeva tenersi stretto chi, di fronte alle evidenze, giurava che la crisi non esisteva, sperando che in vista del voto (che guarda caso si avvicina…) gli italiani credessero alle parole e non alle fatiche di tutti i giorni.