L’Huffington Post Italia porta la stessa ventata di novità per l’informazione online di un nuovo disco di Little Tony per la musica Rock.
Se Riccardo Luna, uno degli ultimi Profeti del Web rimasti, proclama enfatico che l’Huffington Post sarà una Rivoluzione, è proprio definitivo che sarà una monnezza.
Scherzi a parte, l’Huffington Post Italia, che nasce oggi, non mi pare rappresentare nessuna novità. Sicuramente avrà un certo successo in termine di accessi, specialmente nella fase di lancio. E’ tale infatti la potenza del marchio e l’attesa generata dal suo suo arrivo tra giornalisti e addetti ai lavori (e i probabili ingenti investimenti di marketing, in particolare web) che è impossibile immaginare un fiasco.
Ma se la forza dell’Huffington Post americano, come dice giustamente Luca Sofri , è stata quella di saper sfruttare prima dei concorrenti e nella maniera migliore gli strumenti del web marketing (in particolare il SEO, l’ottimizzazione del sito per il posizionamento sui motori di ricerca, e il Social Media Marketing) e aver importato la strategia (assai criticata) del non pagare i blogger – a cui comunque offre visibilità e promozione per le loro attività – in Italia arriva in notevole ritardo. A importare in Italia il modello dell’HuffPo, oltre proprio al Post di Sofri, ci sono molti quotidiani online, tra cui LINKiesta e il Fatto Quotidiano
In questo scenario l’Huffington Post arriva in notevole ritardo, ma non pare voler recuperare.
Per cominciare, ovviamente, la scelta del direttore: Arianna Huffington voleva una donna con un nome importante ed esperienza, e in questo senso la scelta dell’Annunziata è comprensibilissima. Ciò non toglie che abbia fatto storcere il naso a molti nel settore della Comunicazione web.
Ma la scelta dell’Annunziata non è stata l’unica avvisaglia della mentalità retrò di quest’operazione: l’intervista dell’Annunziata in cui presenta il progetto è un inno alla Restaurazione.
Per prima cosa, la logica è 1.0 (nessuna interattività con gli utenti): Annunziata rivendica un’impostazione più tradizionale rispetto alle altri versioni del network,i nomi annunciati non sono blogger ma personaggi famosi, e già si prospettano i soliti editoriali autoreferenziali e ombelicali che caratterizzano i quotidiani italiani. Scrivere un post di un blog non è come scrivere un articolo, ha una struttura diversa e un feedback diretto, non è affatto scontato il passaggio da giornalista a blogger. Tenere un blog significa conoscere, anche in maniera rudimentale, tecniche di coinvolgimento (nel settore si parla di engagement e call to action) e Comunicazione web che non necessariamente un giornalista conosce.
Ma questi sono solo i nomi grossi, quelli che attirano accessi, che creano visibilità. Ci sono 200 (che presto diverranno 600) blogger, che probabilmente porteranno avanti la baracca, e potranno utilizzare le tecniche di Comunicazione che preferiscono. SEMPRE CHE RIESCANO A PASSARE JULIA, lo stronzissimo software censore “per eliminare le parole politicamente scorrette».
Annunziata poi in un impeto di moralismo si vanta che lei no, non metterà tette e culi in evidenza, come fa il sito madre Repubblica.it (ma questo si guarda bene dal dirlo). Oltre che moralista è parecchio ipocrita: facile vantarsi di non pubblicare notizie per fare accessi se non paghi i giornalisti. Più difficile(non dico impossibile) mantenere l’etica se devi pagare degli stipendi. I fustigatori dei costumi secondo me dovrebbero prima accertarsi di non avere scheletri nell’armadio.
Insomma, l’HPI si annuncia noioso, politically correct e scarsamente coinvolgente, con l’aria di chi pretenda che i social network si adeguino a lui, e non viceversa.
Un blog network senza sesso né violenza né flame con una struttura giornalistica tradizionale. Benvenuti nel 1996.
COMINCIAMO PEGGIO DI QUANTO PENSASSI: Alle ore 10.20 la pagina Facebook dell’Huffington Post Italia si presentava senza la cover photo della timeline. Come i profili facebook semi-abbandonati di chi non lo usa da mesi. Meno male che la forza della versione USA è che “Hanno capito l’importanza della promozione sui social network, e ne hanno studiato e messo in pratica ogni sviluppo efficace.“. IN Italia pare di no:
E NON è l’unico segnale di Restaurazione:
Questa PRIMA home page fa molto 2010. L’Huffington Post Italia non è nato vecchio. E’ nato morto. E puzza già di cadavere.