Post SilvioSilvio vuole una tv in più, Bersani parla male di lui. Che sonno.

Ci risiamo. Il nostro passato, insistentemente, ci insegue, ci si vuole imporre. Mediaset, il gruppo televisivo di Silvio Berlusconi, mette (speriamo) la testa sul mercato e lancia un’offerta non v...

Ci risiamo. Il nostro passato, insistentemente, ci insegue, ci si vuole imporre. Mediaset, il gruppo televisivo di Silvio Berlusconi, mette (speriamo) la testa sul mercato e lancia un’offerta non vincolante su La7, tv del gruppo Telecom. Tv italiana, piccola per posizionamento da sempre, generalista più o meno, con belle vette e tante cose da serie b, come minimo. Insomma, La7, una storia imprenditoriale che avrebbe bisogno di energie fresche, di fantasia, di slanci nuovi per essere immessa davvero in un mercato in forte evoluzione, ma in cui non mancano – speriamo tutti – gli spazi. 

Gli stessi sforzi di apertura verso il nuovo mondo, per la verità, servirebbero anche a Mediaset. Resta indimenticabile la perla regalata dall’azienda di Cologno, quella che si rappresentava agli inizi con un lungo Biscione, con il mancato rinnovo del dominio web Mediaset.Com, avvenuto appena pochi mesi fa. Oggi, il dominio Mediaset.com si presenta così. Ma questa azienda, invece di investire sul posto dove i contenuti correranno da qui a un po’, si vuole comprare una quarta tv. Per incrementare di niente il suo potere di influenza, il suo conto economico, la sua capacità di presa su un mercato decisamente maturo, e davvero sàturo. Quello nel quale – sempre che si potesse chiamarlo mercato – Mediaset era diventata Mediaset, ormai tanti anni fa.

Del resto, basta guardare a cosa è ridotto il Pdl, per capire che la decadenza dell’universo berlusconiano è irreversibile. Quella spinta propulsiva, retta per decenni ininterrottamente tutta attorno alla personalità di Silvio Berlusconi, non c’è più. Eppure, basta un mezzo riferimento di Renzi a prendere i voti anche da chi in passato aveva votato Pdl per scatenare l’aut-aut di Bersani. “Il nostro giudizio sul berlusconismo è netto, non possono esserci compromessi”. Emozionante, davvero. Eppure, già li sentiamo i commenti indignati, li vediamo i titoli indignati: e qualcuno che finirà davvero col credere che siamo invece di fronte al colpo di coda del Caimano, all’attacco al cuore della libertà di espressione, e via di retorica in retorica. 

La parola proibita, in Italia, resta sempre “futuro”. Bistrattata e ridicolizzata da brand politici evidentemente inadeguati alla serietà del tema, quest’Italia del domani difficilmente trattiene gli sbadigli per tutti questi sussulti di passato. Non fosse che pretendono di governare il presente, ci si potrebbe anche dormire sopra. 

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